Scandalizzano gli scatti con la De Filippi davanti alla bara di Costanzo: ma il selfie è ormai strumento quotidiano di molestia collettiva e caduta di civiltà

Meno scandaloso ma altrettanto tossico è tartassare un calciatore alle sette del mattino imponendogli centinaia di autoscatti, fotografare il grande regista mentre lava le mani in bagno o rincorrere sotto l’ombrellone la velina di turno

La notte in cui il selfie smette di essere un innocuo giochino personale e diventa un potente strumento di comunicazione di massa (e di molestia, come spiegheremo in questo pezzo) è quella del 3 marzo 2014, quando alla premiazione degli Oscar la presentatrice Ellen DeGeneres riunisce le star di Hollywood per un autoscatto e trasforma quella foto nell’inizio di un nuovo mondo. Da quel giorno, il selfie più condiviso della storia apre le porte a una nuova abitudine sociale: la foto con la star. Non è l’unico utilizzo dell’auto scatto, i selfie sono diventati un momento che ormai immortalata qualsiasi fase, ricorrenza o incontro della nostra vita, ma è certamente quello più tossico, invadente e corrosivo. Alzi la mano chi non ha chiesto, almeno una volta nella propria vita, a un personaggio famoso di fare una foto insieme. Un gesto apparentemente innocuo e, soprattutto, considerato dovuto. Quei pochi “famosi” che rifiutano lo scatto vengono bollati come maleducati, presuntosi e ingrati.


Chi scrive ha avuto occasione, una mattina, di assistere a un frammento della vita di Francesco Totti in aeroporto. In attesa di imbarcare per un volo, si generò una fila di oltre 100 persone, ognuna armata di cellulare, e il paziente campione ha fatto tutta la trafila del check in sorridendo con degli sconosciuti; la fila è ricominciata dopo il decollo, in aereo, e all’arrivo è stata la stessa cosa. Quella scena mi ha consentito di visualizzare un concetto tanto banale quanto poco chiaro ai maniaci del selfie: non è “solo una foto”, è una forma di molestia pesante, ripetuta e invadente nella vita dei personaggi famosi, che si sottopongono ogni giorno a questa gogna solo per evitare di essere travolti dalle accuse di “tirarsela” troppo. Una perversione tanto molesta quanto inutile – cosa te ne fai di una foto estorta controvoglia a una persona che non ti conosce? – che non conosce sosta neanche davanti alla morte, come abbiamo scoperto in questi giorni quando degli incauti forsennati del selfie hanno chiesto a Maria De Filippi di fare una foto dentro la camera ardente di Maurizio Costanzo.


Da Sassoli a Pelè, la molestia collettiva

Una scena che ha fatto sollevare cori di critiche, tanto compatte quanto smemorate: ci siamo già dimenticati di cosa accadde quando scomparve il povero David Sassoli, con i politici impegnati a farsi i selfie nella camera ardente, oppure la triste scena dei vertici del calcio mondiale impegnati a farsi la foto con la bara di Pelè.  E soprattutto queste critiche non hanno colto nel segno, perché si sono limitate a criticare non tanto la molestia del selfie, quanto – più semplicemente – la scelta del momento in cui è stato chiesto lo scatto. Dimenticando che è meno scandaloso, ma altrettanto molesto, tartassare di foto un calciatore alle sette del mattino imponendogli centinaia di autoscatti, fotografare il grande regista mentre lava le mani in bagno o rincorrere sotto l’ombrellone la velina di turno e così via. Insomma, bisognerebbe cogliere lo spunto da questa vicenda per affermare un concetto: i selfie con i vip sono sempre una forma di molestia collettiva, non ci sono sono selfie buoni e selfie cattivi, e bisogna avviare una campagna di opinione per farla finita con questa abitudine tossica. Può sembrare una piccola cosa, ma ogni forma di maleducazione collettiva genera fenomeni negativi, come dimostrano le foto scattate nelle camere ardenti, che abbassano il livello medio di civiltà di una comunità.  

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