Covid, Remuzzi sull’inchiesta: «Qui a Bergamo non avevamo nulla: inutile cercare colpevoli, cosa è stato fatto per la sanità in 3 anni?»

Il direttore dell’Istituto Negri di Milano ammette che l’inchiesta della procura di Bergamo sia «un atto dovuto per il dolore dei famigliari delle vittime». Ma sottolinea come, dopo l’esplosione della pandemia, sulla sanità pubblica i tagli non si siano mai fermati

«Inutile cercare i colpevoli nelle aule di tribunale. Mi chiedo solo se non sia arrivato il momento di occuparci di mettere a frutto la lezione che dovremmo aver imparato dal Covid». Così Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, interviene in un’intervista a cura di Francesca Del Vecchio su La Stampa facendo riferimento all’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione dell’epidemia in Val Seriana. Accuse molto gravi, a carico dei massimi esponenti politici per le vittime della prima ondata di marzo 2020, notificate a 17 persone tra cui l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il governatore della Lombardia Attilio Fontana. «Mi colpisce che nessuno discuta di come il nostro sistema sanitario sia arrivato ad affrontare la pandemia perché in circostanze come quella epidemica e pandemica, la risposta non può che essere di salute pubblica», prosegue Remuzzi. Sollecitato sull’utilità dell’apertura del fascicolo il direttore del Negri dichiara: «È un atto dovuto nei confronti dei familiari delle vittime, del loro dolore. Ma la verità è che qui a Bergamo non avevamo nulla. Né bombole d’ossigeno, né presìdi per proteggere gli operatori sanitari. Ora abbiamo il Pnrr che, nella Missione 6 Salute, specifica esattamente di cosa ha bisogno il nostro sistema sanitario». E anche in merito alla commissione parlamentare di cui le Camere stanno discutendo, Remuzzi ha grandi dubbi: «Quando non si sa cosa fare, si fa una commissione parlamentare così la gente si dimentica e resta tutto come prima».


I tagli alla sanità pubblica

Remuzzi mette in evidenza i tagli che sono stati fatti negli anni alla medicina pubblica, in favore dei privati. Soprattutto in Lombardia, la prima regione colpita dal Coronavirus. «Parliamo non di un privato davvero privato, ma di un accreditato che viene pagato con i fondi pubblici. Perché non ci chiediamo se oggi saremmo pronti per la prossima pandemia che arriverà. Cosa abbiamo fatto in questi tre anni? La risposta è semplice: nulla». A suo avviso, non sono stati fatti passi avanti. Ma anzi. Ci sono anche alcune aggravanti: «Abbiamo meno medici di prima, meno infermieri e un’aberrazione come il meccanismo dei medici a gettone che vanno nei pronto soccorso senza che si sappia che tipo di qualifica abbiano». Poi, nella gestione della pandemia, secondo Remuzzi, c’è stato un grande errore: l’aver «sottovalutato il dossier che Lancet aveva pubblicato il 14 gennaio in cui si spiegava tutto. E che tutti hanno ignorato». Ora a distanza di tre anni commenta dicendo: «Abbiamo bisogno di silenzio, come quello del presidente Sergio Mattarella: immobile davanti alle bare dei naufraghi di Cutro. Quei morti sono come quelli della pandemia».


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