Da Capalbio a Caporetto. Concita De Gregorio racconta la disfatta dell’egemonia culturale della sinistra

La giornalista dalle colonne di “Repubblica”: «Qualche voce dissidente c’è, ma resta isolata. Dei dettagli – la scuola, i saperi – ne riparliamo a settembre»

«Ma magari ci fosse, la famosa egemonia culturale della sinistra. Perché se ci fosse, se i cittadini elettori fossero pervasi, imbevuti, impregnati persino inconsapevolmente di un pluridecennale martellamento di un pensiero unico, egemone, stamattina ci sarebbe la rivoluzione. La rivolta di popolo, proprio. E invece niente». Inizia così l’editoriale Cultura, quando la sinistra è in vacanza di Concita De Gregorio pubblicato su Repubblica sulla disfatta della presunta egemonia culturale della sinistra. De Gregorio osserva che «ci sarebbe la rivoluzione di piazza, se ci fosse davvero della sinistra l’egemonia culturale, di fronte al colpo di mano della destra all’indisturbato assalto di scuole, cineteche nazionali, enti lirici e fondazioni, filarmoniche, stazioni radio, canali tv e bande di paese». E invece che succede? Aprendo Instagram, osserva De Gregorio, «si vedono le consuete foto dei tramonti, piedi nudi sul bagnasciuga, cocktail con lo spicchio di arancia». Già, pare che «la classe culturalmente egemone è al mare, evidentemente, d’altra parte fa caldo. Un normale caldo estivo, informa la tv di governo». E la giornalista precisa: «A onor del vero tra i dissidenti qualcuno è anche al lavoro, il suo: e di nuovo, se hai da chiudere un libro, da girare un film, da inaugurare una rassegna o ritirare un premio come fai? Impossibile disperdere energie. Puoi tutt’al più firmare un appello, sai cosa gliene importa a quelli delle raccolte notevolissime di firme». E la giornalista osserva che servirebbe «una classe politica di opposizione coesa, sensibile alle istanze del suo popolo di riferimento, dei lavoratori e dei maestri del pensiero, in grado di farsi sì egemone e dunque di essere votata dalla maggioranza del Paese, ma appunto: non c’è.


«Qualche voce dissidente c’è, ma resta isolata»

«Ci sono rari intellettuali, sempre meno, qualche giornalista onesto qualche artista non di filiera, sempre meno, qualche voce sonora ma isolata. Altro che egemonia, una Caporetto». E davanti alle decisioni del governo in materia di cultura che si fa? Chi resta a fare opposizione? Dov’è l’opposizione? Dove si fa opposizione? Sul fronte culturale non si tiene più il conto di quanti cambi ai vertici si sono registrati negli ultimi mesi, partendo dalla Rai, sino ad arrivare alle nomine politiche approvate dal governo per il Centro sperimentale di cinematografia, passando per le nomine dei direttori dei luoghi di cultura, dalle scuole, ai teatri, alle fondazioni, ai cinema, agli organizzatori di eventi e spettacoli. Sulla Rai la questione è ciclicamente storica: chi vince cerca di fare asso piglia tutto, spiega la giornalista. Ma ci sono anche altre realtà in cui i vertici vengono cambiati con leggi ad personam. Basti pensare al caso dell’ex ad Rai Carlo Fuertes, nominato al vertice di Viale Mazzini dall’ex ministro Franceschini, e da alcuni giorni nuovo direttore del Teatro San Carlo di Napoli. Come si è arrivati a questo risultato? Grazie (anche) al decreto del governo Meloni, con cui è stato sollevato il precedente sovrintendente Lissner, per il raggiungimento dei 70 anni di età.


«Dei dettagli – la scuola, i saperi – ne riparliamo a settembre»

La cultura è presente solo in Rai o nei teatri? No, la cultura è un qualcosa di più capillare sul territorio, ma anche di immateriale. E come osserva De Gregorio, «restano da assegnare altri teatri pubblici, tra cui quelli di Roma Capitale, centinaia di centri studi, migliaia di filarmoniche, decine di festival». «Certo – conclude De Gregorio – se non ci fosse l’egemonia culturale della sinistra ci sarebbe da preoccuparsi, ma va bene così. Fa caldo, Instagram pullula di amache e di piedi, Giorgia Meloni carezza la mano di Joe Biden e si fotografa con Kissinger. Dai, non va male. Dei dettagli – la scuola, i saperi – riparliamo a settembre». Intanto domani, 31 luglio, chiuderanno le storiche sale dell’Odeon a Milano. La sua storia? La troveremo forse raccontata in qualche serie. Quando? Ovviamente a settembre di non si sa quale anno, ma certamente su qualche piattaforma di streaming online.

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