Travaglio controcorrente: De Angelis non deve rinunciare alle sue opinioni, non è un eletto. Ma Rocca e Meloni sì

Il direttore del Fatto: dalle sentenze si può dissentire

Anche il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio oggi dice la sua sul caso di Marcello De Angelis. Nel consueto editoriale pubblicato sul giornale Travaglio dice che «le sentenze non sono dogmi di Stato e ciascun privato cittadino può condividerle o contestarle (possibilmente con argomenti). Perciò chiedere le dimissioni di De Angelis è un atto illiberale: in democrazia tutti hanno diritto di esprimere le proprie idee, anche le più aberranti». Il portavoce di Rocca ha parlato della strage di Bologna e dell’innocenza di Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti. Un cavallo di battaglia della destra dall’epoca della pista palestinese e della commissioni Mithrokin.


Il punto

Ma il punto sollevato dal direttore del Fatto è un altro. E riguarda da vicino sia Giorgia Meloni che Francesco Rocca: «Ma chi rappresenta le istituzioni ha un onere in più: non deve usarle per riscrivere sentenze, cioè per interferire in un altro potere dello Stato. Perciò il governo nazionale e regionale dovrebbero isolare De Angelis con dichiarazioni inequivocabili, pur senza torcergli un capello o levargli il lavoro. Anche perché, se bastasse contestare una sentenza sacrosanta per andare a casa, si sarebbero dovute chiedere le dimissioni di fior di parlamentari che da anni sposano la linea revisionista-negazionista sui neri a Bologna: non solo di destra, ma anche radicali e di centrosinistra. Per non parlare di chi tuttoggi predica l’innocenza di Sofri, Bompressi, Pietrostefani (e persino del reo confesso Marino) sul delitto Calabresi, malgrado ben due sentenze della Cassazione». Infine: «O di chi vota commissioni parlamentari su Bologna o sulla gestione del Covid per ribaltare i verdetti dei giudici: quelli sì dovrebbero vergognarsi e sparire».


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