Furio Colombo e la strage di Bologna: «Mambro e Fioravanti innocenti, ma la matrice è fascista»

L’ex direttore de l’Unità: intorno a quel processo c’è ben altro

Furio Colombo, ex direttore de l’Unità e cofondatore del Fatto Quotidiano, dice che i responsabili della strage della stazione di Bologna non sono Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti. E che ad agire sono stati non meglio identificati «altri gruppi di destra». Mentre intorno alle indagini e alle inchieste «c’è ben altro». Colombo parla oggi in un’intervista al Foglio. Nella quale esordisce spiegando perché ritiene Mambro e Fioravanti estranei al massacro: «Da quando li ho incontrati in carcere. Ho riflettuto a lungo sul loro caso. Sono convinto della loro estraneità e l’ho motivata in più articoli. Il primo su Panorama. Ho pagato per questa mia opinione, ma ero persuaso della loro innocenza».


La pista palestinese

Secondo Colombo «si possono avere seri dubbi sulla loro colpevolezza. La strage è di matrice fascista, ma Mambro e Fioravanti, che hanno commesso, e ammesso, altri crimini efferati, non sono i responsabili dell’eccidio di Bologna. Ne sono certo». Ma poi il giornalista non argomenta il motivo delle sue certezze. Preferendo affermazioni sibilline: «Non impugno la validità delle sentenze e non metto in discussione la buona fede dei magistrati. Dico solo che intorno a quel processo c’è ben altro». In ogni caso va sottolineato che l’opinione di Colombo è in contrasto con quella propugnata dalla destra in questi anni. Che ha parlato di una pista palestinese e della bomba della stazione come una “reazione” dopo la rottura del patto tra l’Italia e le organizzazioni palestinesi, il Lodo Moro, dopo l’arresto ad Ortona, alla fine del 1979, di Abu Anzeh Saleh, militante del FPLP di George Habash.


Esecutori e mandanti

Secondo questa tesi la strage di Bologna fu la vendetta per i fatti di Ortona. Colombo invece dice che si interessò alla vicenda dopo un incontro con Mambro e Fioravanti: «Lavoravo a New York quando ricevetti una loro lettera. Mi invitarono a Rebibbia. Ottenni un permesso speciale per incontrarli fuori dalla cella. Gli incontri, due al mese, avvenivano in un prato». Ma dice che esecutori e mandanti della strage di Bologna furono «altri fascisti di sicura appartenenza e di sicura militanza. Mambro e Fioravanti servivano a coprire altre figure». Mentre secondo lui Marcello De Angelis si serve dei due per dire che la strage non era fascista. Secondo Colombo il portavoce del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca «vuole coprire qualcosa e obbedire a qualcuno. È come se gli avessero commissionato di farlo. Non c’era ragione per gettarsi in quella pozzanghera dopo così tanti anni. Nessuno si mette in discussione così malamente come ha fatto lui».

Carmelo Caruso ricorda a Colombo che negli anni Novanta un gruppo di scrittori e intellettuali, tra cui Luigi Manconi, Marco Boato, Miriam Mafai, Oreste del Buono, diede vita a un comitato in difesa di Mambro e Fioravanti dal nome “E se fossero innocenti?”. Per l’ex direttore de l’Unità «quei nomi sono la prova che ero in buona compagnia. Alla Camera e al Senato, per anni, sono stato guardato malamente. Non ho mai risposto alle polemiche». Ieri sull’argomento è intervenuto l’ex senatore e giornalista Paolo Guzzanti, che è stato presidente della commissione Mithrokin. E il direttore del Fatto Marco Travaglio, secondo il quale De Angelis non deve rinunciare all’incarico, mentre Meloni e Rocca sì.

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