Cosa vuole fare Giorgia Meloni sul salario minimo: «Aumenti di stipendio dal primo gennaio 2024»

La premier pensa a una controproposta. Da inserire nel decreto lavoro. Che confluirà nella legge di bilancio. Schlein: non ci prenda in giro

«La vostra proposta entrerebbe in vigore a novembre del 2024. Noi invece siamo pronti a varare delle misure concrete per far crescere gli stipendi già il primo gennaio del 2024». Oggi, 11 agosto, Giorgia Meloni incontrerà le opposizioni per parlare di salario minimo. E secondo i retroscena dei giornali ha intenzione di far partire un contrattacco rispetto alle proposte sui 9 euro all’ora di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle ed Azione. Intanto però la segretaria del Pd Elly Schlein chiede alla premier di non prendere in giro i lavoratori. E dice che nel video in cui Meloni definiva il salario minimo «controproducente» la presidente del Consiglio ha dimostrato di non aver capito la proposta dell’opposizione.


Il retroscena

Il retroscena de La Stampa dipinge la premier come pronta al contrattacco. Partendo dal presupposto che la riforma fiscale del suo governo sarà pronta «a gennaio». L’appuntamento a Ferragosto era un segnale e al tempo stesso uno sfida: «In mezzo al deserto di Roma il governo è schierato ad ascoltare le vostre posizioni». Ma senza nessuna apertura. Anzi, con il rilancio degli aumenti di stipendi «per il primo gennaio del 2024). Ovvero il decreto legge sul lavoro che dovrebbe vedere luce in autunno. Insieme alla legge di bilancio. La controproposta si basa su tre basi:


  • estendere la contrattazione collettiva anche a quei settori che ne sono sprovvisti. L’esempio classico è quello dei servizi fiduciari;
  • rinnovare i contratti scaduti, e per farlo si punta a una detassazione;
  • lotta ai contratti pirata, ovvero quelli sottoscritti da sindacati minoritari e associazioni imprenditoriali poco rappresentativi delle parti sociali, con l’obiettivo di costituire un’alternativa ai contratti collettivi nazionali.

In quest’ultimo caso l’intervento potrebbe consistere nell’introdurre elementi al momento assenti, come per esempio la quattordicesima.

La controproposta

Il gruppo di lavoro di Fratelli d’Italia vede a capo la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone. Poi ci sono il presidente della commissione Lavoro alla Camera Walter Rizzetto e la deputata Marta Schifone. Ma i sondaggi parlano chiaro: il salario minimo è una proposta che l’elettorato capisce al volo. E quindi è popolare. Troppo per ignorarla. C’è poi da considerare la parte politica del ragionamento. Schlein e Conte, secondo la premier, sono interessati a far fallire il dialogo. Per indebolire Calenda. Che invece ci ha puntato sin dall’inizio. Schlein intanto spiega che il salario minimo non taglia le retribuzioni: «Al contrario, le livella verso l’alto. Perché allarga a tutti la retribuzione complessiva stabilita dai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi». Ovvero «Chi oggi guadagna 5 euro l’ora ne guadagnerà almeno 9, ma chi ne prende 12 continuerà a prenderli. E anzi li prenderà anche chi lavora nello stesso settore ma non è coperto dal contratto più rappresentativo. In questo modo, si contrastano anche i contratti pirata».

I contratti pirata

Anche la leader Pd critica i contratti firmati da sigle poco o nulla rappresentative: «E che fanno concorrenza sleale, aiutando imprese che intendono aumentare la produttività sfruttando fino all’osso i lavoratori. Da un’analisi del Cnel, risulta che su un migliaio di contratti collettivi solo il 22 per cento sono firmati da Cgil, Cisl e Uil, cioè i sindacati comparativamente più rappresentativi». E quando Francesca Schianchi le ricorda che Antonio Tajani ha parlato di proposte da Unione Sovietica, replica: «Temo debba ripassare la cartina d’Europa. È presente in 22 Paesi su 27, come la Germania, dove l’ha introdotto, guarda un po’, Angela Merkel. Ha fatto registrare l’immediato innalzamento dei salari di circa il 15 per cento e la crescita dell’occupazione anche tra lavoratori meno qualificati. È necessario anche da noi, per contrastare quel lavoro povero che il governo continua a negare».

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