Le 7 navi delle Ong e l’emendamento per legittimarle: cosa c’è dietro la rottura tra Italia e Germania sui migranti

Il disaccordo sull’articolo 1. La proposta di stanziare fondi per i salvataggi in mare. La sfida diplomatica e l’interesse elettorale

Sette navi delle Ong impegnate nel soccorso dei migranti nel Mar Mediterraneo. Di cui quattro in area Sar italiana. C’è questo dietro la rottura di ieri tra Italia e Germania sul patto sulla migrazione e l’asilo europeo. Il governo Meloni l’ha interpretata come una provocazione. Per questo il ministro degli Interni Matteo Piantedosi ieri ha lasciato il consiglio. E l’Italia ha presentato un emendamento al patto per imporre che i migranti accolti sulle navi delle Ong vengano trasferiti nel paese di bandiera della nave. Ma la proposta non è passata. Ora il Coreper, ovvero il comitato che riunisce i 27 ambasciatori dell’Unione Europea, slitta a lunedì. Sempre che quel giorno si riesca a dare il via libera definitivo. Mentre la rottura in Europa può servire alla campagna elettorale per le elezioni europee. E il patto vede ancora il voto contrario di Austria, Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria.


L’articolo 1

Il patatrac arriva quando Piantedosi arriva a Bruxelles per la riunione del Consiglio. Cominciano a circolare gli emendamenti, sui quali la coalizione al governo a Berlino ha trovato un accordo. Il ministro scopre che menti tedeschi. E scopre che le modifiche riguardano soprattutto le associazioni e le Ong. I tedeschi chiedono che «nell’articolo 1 del regolamento si deve inserire un paragrafo per legittimare l’attività degli attori non statali, comprese le Ong». Senza che ci sia però alcun obbligo sulle modalità di azione. Il governo Meloni lo ritiene inaccettabile. Anche perché fa il paio con la scelta della Germania di stanziare fondi dal bilancio federale per l’attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale. Proprio a ridosso delle acque territoriali libiche e tunisine. Va da sé che la legge del mare è chiara: per questo le Ong trasportano i naufraghi in Italia: è il porto sicuro più vicino.


Coincidenza o interesse elettorale?

«La notizia delle 7 navi delle Ong battenti bandiera tedesca conferma i nostri timori. E’ una coincidenza? Cosa c’è dietro? C’è un interesse elettorale? Di altro tipo? Non può essere, è una cosa che non funziona. Qualcuno forse vuole impedire che ci sia un accordo? C’è veramente molto stupore», ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani in serata da Berlino, dove ha incontrato la sua omologa Annalena Baerbock. Più prosaicamente, l’emendamento tedesco è frutto di un accordo tra socialisti, verdi e Die Linke. La Stampa aggiunge un ulteriore dettaglio: sempre nell’articolo 1, su input della presidenza spagnola alla ricerca di un compromesso politico, viene messo nero su bianco che le «operazioni di soccorso umanitario» non possono essere considerate un fattore di strumentalizzazione dei migranti. Ovvero non si potrà più gridare all’invasione orchestrata dalle Ong.

La sfida diplomatica

Il Consiglio Affari Interni, saltata l’intesa, è terminato perfino prima del previsto. La commissaria Ylva Johansson e il ministro spagnolo, a microfoni aperti, non hanno puntato il dito contro l’Italia. Si sono detti ottimisti e soddisfatti dei passi avanti fatti. Scandendo che «non ci sono grandi ostacoli» all’intesa. Attesa «nei prossimi giorni». L’impressione però è che solo un chiarimento tra Scholz e Meloni, al vertice di Granada della settimana prossima, potrà sbloccare lo stallo. Allo stesso tempo fonti italiane hanno precisato all’agenzia di stampa Ansa che per ora non si può parlare di blocco dell’accordo. Semplicemente, il testo va approfondito. Del resto, fino a qualche giorno fa, non era previsto un via libera già questa settimana. E comunque, senza Berlino o Roma, è la convinzione degli ambienti Ue, l’intesa non regge. Entrambe, assieme all’Olanda, sono comunque cruciali per arrivare alla maggioranza qualificata.

Le elezioni europee

La tensione tra Germania e Italia sulle Ong non rasserena il clima. E a complicare il quadro c’è anche un dato politico: sia a Berlino che a Roma il governo è nelle mani di tre partiti alleati. Che, non sempre, la vedono allo stesso modo. I fari, ora, sono puntati su Granada e sul Consiglio Affari Interni di Lussemburgo, tra le ultime chiamate per trovare un’intesa entro l’anno. O, come ha avvertito il vicepresidente della Commissione Maragaritis Schinas, «populisti e demagoghi avranno un’arma in più» alle Europee.

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