Federica Pellegrini: «La morte di Giulia Cecchettin ci ha segnato. L’emergenza si affronta educando gli uomini»

La campionessa ha le idee chiare: a mia figlia darò gli strumenti per stare in società

Federica Pellegrini torna sul delicato tema dei femminicidi, dopo il ritrovamento del corpo della 22enne Giulia Cecchettin, uccisa dal suo ex fidanzato Filippo Turetta. Lo fa in un’intervista a La Stampa, in cui dichiara: «La morte di Giulia Cecchettin ci ha segnato perché, quando abbiamo saputo che era sparita, speravamo fosse per un’altra ragione eppure, dentro di noi, già sapevamo. Siamo davanti a… un’epidemia, si può dire così?». La campionessa ha le idee chiare sul modo più giusto con cui affrontare l’emergenza: «Educando gli uomini. Cecchettin ha rotto gli argini, anche per le parole della sorella che ha dato il giusto peso a ogni dettaglio e fatto arrivare il concetto di patriarcato alle orecchie di chi non l’ha mai voluto prendere in considerazione come problema».


I retaggi del patriarcato

Il tema oggi, spiega, è ancora drammaticamente attuale: «È stato la base delle famiglie fino alla generazione precedente alla mia e io ho 35 anni. Non si cancella il retaggio di secoli in un attimo. Ci sono persone fragili che davanti a una rivoluzione femminile destinata a portare alla parità non reggono». Il pensiero va inevitabilmente a sua figlia: se le speranze nel fatto che cresca in un mondo di persone più mature «non sono molte», preferisce «darle gli strumenti per interagire con società come questa. Prenda il padre espulso da un palazzetto di basket dopo aver urlato all’arbitra che si meritava di fare la fine di Cecchettin… Lui come li tira su i figli?». Per quanto riguarda il suo futuro da mamma, invece, ha ambizioni chiare: «Dare peso al divertimento e non perdere di vista chi ami».


Le Olimpiadi e le nuove generazioni

Non mancano le considerazioni sulle Olimpiadi di Parigi, le prime a cui non parteciperà dal 2004: «Questi sarebbero stati i mesi in cui domandarsi se stessi facendo il massimo, in cui correggere particolari che portassero alla perfezione. Mi manca e insieme non vorrei mai più tornare a quell’agitazione. Vivi di uno stato d’animo per decenni, ne fai il perno e poi, di colpo, non ti appartiene più». «Io avevo fasi in cui abitavo un mondo a parte, in altre sentivo il gruppo e l’energia delle staffette, pure non potevo ambire al podio», racconta. Mentre nelle nuove generazioni intravede segnali che ritiene preoccupanti: «Adolescenti che vogliono essere i numeri uno prima di scoprire chi sono. Motivati forse dalle ambizioni dei genitori o dall’emulazione».

Paltrinieri ad Atreju

Lei invece, spiega, ambiva a primeggiare ma «ero affamata di quel desiderio, era mio, radicato. Qui parliamo di raggiungere un successo immaginario, quel tipo di confusione che ti porta a dire cento cose su come senti di poter nuotare e poi lasci la cuffia in camera». Infine, un commento sul collega Paltrinieri, ospite ad Atreju, alla festa dei giovani di Fratelli d’Italia: «C’ero stata anche io, altro periodo, si notava meno. Il pubblico deve capire che lo sportivo è un animale strano: andare alla festa di un partito non significa rappresentarlo: siamo super partes per definizione».

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