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Sanremo ha aperto alla musica che ha successo lontano dalla tv. Ma ancora non abbiamo capito la lezione

22 Dicembre 2025 - 20:34 Gabriele Fazio
Il pubblico televisivo non ha colpe, anzi, ha dimostrato negli anni di avere uno straordinario orecchio per la buona musica. Ma nonostante i dati degli ascolti, il popolo dei social cade sempre nel: «Ma chi sono questi?»

«Chi lo conosce questo??!» «Chi sono questi sconosciuti??!». L’irritante arroganza con la quale si susseguono regolarmente questi commenti sotto i post riguardanti notizie musicali è segno dei tempi, niente di cui sconvolgersi. Al limite qualcosa della quale sorridere, l’idea che il proprio singolare gusto, la propria singolare fisiologica ignoranza, dato che è letteralmente impossibile stare al passo con tutta la nuova musica settimanalmente pubblicata, diventi metro di giudizio di notiziabilità rispetto un determinato personaggio.

L’avviso pubblico, immortale, che se X non conosce un artista, quell’artista non merita di essere intervistato, recensito, giornalisticamente considerato. La presunzione dei tempi, tempi nei quali, non siamo di certo i primi a dirlo, tutti hanno facoltà di pubblica parola, anche quando non hanno niente da dire, se non annunciare pubblicamente (che è ciò che dovrebbe ancor più far riflettere) che di quell’argomento non sanno nulla. Spesso il commento è accompagnato da qualche rigurgito nostalgico rispetto i bei tempi che non ci sono più, rimasticando Modugni, Pippi Baudi, Pavarotti e il bel canto all’italiana di una volta e riducendo in maniera piuttosto dozzinale tutto ciò che è capitato negli ultimi trent’anni di discografia, dalla rivoluzioni concettuali a quelle musicali, fino a quelle legate al supporto fisico, a due punti che a quanto pare risultano fondamentali parlando di musica: autotune e tatuaggi in faccia.

Ecco perché accade

In realtà, al netto dei sorrisi e delle derive sociologiche dovute alla suddetta e sacrosanta totale libertà di espressione, questo fenomeno ci restituisce un dato assai importante riguardo i meccanismi dell’industria discografica. Nel 2025, ma il fenomeno ha almeno una decina d’anni, in Italia si può essere famosi senza essere famosi, musicisti che per qualcuno hanno un’importanza intellettuale e sentimentale del tutto centrale, adorati, idolatrati, peraltri sono dei signori nessuno.

L’era internettiana ha rivoluzionato il mercato discografico a livelli ancora per certi aspetti inesplorati e la notorietà è sicuramente uno di questi. Può capitare (in realtà capita regolarmente) che un artista possa vendere interi tour nei palazzetti in tutta Italia, rappresentare una svolta nel proprio genere musicale e comunque essere esposto a questo muro di commenti di italiani che non hanno la minima idea di chi sia. Attenzione, non è solo una questione anagrafica, si tratta di un netto spezzettamento del mercato discografico, avvenuto nel momento in cui la televisione non ha più rappresentato quel necessario crocevia verso il successo.

La divisione con la tv

Un dettaglio in effetti, che però devia considerevolmente il cammino verso la notorietà, per cui le nuove generazioni di artisti si muovono in agilità tra social e live, raccogliendo una marea di consensi che poi si traducono anche in furiosi sbigliettamenti, ma per la televisione è come se non esistessero; nonché, al contrario, chi si crea un pubblico davanti alle telecamere, che sia un giovane senza cognome venuto fuori da un talent o un artista di vecchia generazione, fa una fatica incredibile a vivere l’autentica realtà del mercato musicale. È famoso, lo fermano per strada per fare le foto, troneggia impavido nei salotti pomeridiani, ma poi la sua musica live non va oltre le piazze di paese.

Il fenomeno Sanremo

Molti considerano (e ne hanno certamente valide motivazioni) Amadeus come l’ideatore di una nuova era del Festival di Sanremo, in realtà nel nuovo successo del più importante fenomeno di costume della stagione musicale e televisiva italiana gioca un ruolo fondamentale Claudio Baglioni. È lui che nel 2018 per primo inserisce nel suo cast i regaz de Lo Stato Sociale, protagonisti già da anni dell’illuminata stagione del famigerato indie, movimento controculturale partito dalla rete e dai piccoli club di provincia che ha rappresentato fondamentale nuova linfa vitale per la tradizione cantautorale italiana.

Un movimento, intendiamoci, che nel 2018 era già nettamente in fase calante ma che la Rai fino a quel momento aveva del tutto ignorato. Carlo Conti, oggi da più parti attaccato per il suo cast con personaggi discograficamente marginali, è stato l’ultimo direttore artistico (triennio 2015-17) a snobbare totalmente ciò che stava accadendo fuori dal recinto del piccolo schermo. Da lì in poi il Festival di Sanremo ha certificato la netta separazione tra mondo della tv e mondo della musica. Nel 2019 Baglioni convoca all’Ariston Ex-Otago, Achille Lauro, Motta e Zen Circus.

Da Baglioni ad Amadeus

Poi la palla passa ad Amadeus che nel 2020 porta in riviera Levante e i Pinguini Tattici Nucleari, e nel 2021, forse approfittando dell’edizione in lockdown, si scatena e apre definitivamente le porte ad una nuova nidiata di artisti: Colapesce e Dimartino, Willie Peyote, Madame, La Rappresentante di Lista, Fulminacci, Gaia, Coma_Cose, Aiello e, visto che la matrice è quella, con colpevolissimo ritardo, anche Bugo. Negli anni successivi poi ci sarà spazio anche per Giovanni Truppi, Lazza, Ariete, Mara Sattei, Olly, Geolier, Ghali, Alfa, Gazzelle, La Sad e Rose Villain, tutti nomi di primissimo piano insomma, ormai ai vertici assoluti della nostrana discografia, ma che arrivavano all’Ariston da perfetti sconosciuti al pubblico televisivo, accolti da un coro di «Ma chi sono questi??», mentre nella vita reale ognuno aveva un peso specifico assai considerevole.

No, non erano sconosciuti

Qualche esempio palese: i Pinguini Tattici Nucleari sbarcano all’Ariston con un sold out al Forum D’Assago di Milano (il salotto buono della musica indoor italiana) già in tasca. Stessa cosa accaduta a Lazza e a Ghali (addirittura sei anni prima), mentre Colapesce e Dimartino decidono di regalarsi Sanremo per festeggiare i dieci anni di carriera. Geolier arriva alla corte di Amadeus come l’artista che aveva venduto più album nei dodici mesi precedenti all’evento. Un trend confermato poi l’anno scorso da Conti con il fortunato debutto di Brunori SaS, Lucio Corsi, Bresh, Joan Thiele e anche quello, decisamente meno fortunato, di Tony Effe.

Eppure ognuno di questi nomi, dopo l’annuncio, è stato accolto con uno strabuzzamento di occhi, come se fosse stato chiamato sul palco il salumiere sotto casa. Sono passati gli anni, il pubblico avrebbe dovuto imparare la lezione, ma i commenti a corredo dei big di Sanremo 2026 hanno nuovamente questo tenore. Ne deduciamo che questa apertura nazionalpopolare non ha sortito nel pubblico un effetto altrettanto nazionalpopolare, ancora gli italiani non ha sviluppato forze proprie per prestare attenzione anche all’altro lato della luna, quello che la visuale delle camere della tv non riesce a coprire. Così ancora oggi, nonostante numeri strabilianti, il largo pubblico, a primo impatto, risponde ancora con infuocato sospetto quando non vede nelle liste di Sanremo nomi accomodanti di artisti che già, bene o male, conosce.

La musica nella tv italiana

Attenzione, il pubblico televisivo non ha colpe, anzi, ha dimostrato negli anni di avere uno straordinario orecchio per la buona musica, tant’è che quasi tutti i volti a loro proposti, dopo una fredda accoglienza, poi sono stati immediatamente capiti e celebrati. Il punto è che la musica in tv, al netto di talent e passerelle brandizzate estive, sembra non essere più un argomento performante. Il punto è che, evidentemente, un Festival della Canzone Italiana, una volta l’anno, non basta a star dietro al furioso caos della discografia moderna.

Non esistono più gli appuntamenti fissi di una volta, alternativi a Sanremo, come Top of the Pops o il Festivalbar o il Superclassifica Show o Taratatà, senza voler scomodare cult assoluti come gli MTV Unplugged. Finché la tv continuerà a trattare la musica come prescindibile condimento ad altro questa frattura con la discografia si farà sempre più incolmabile e il coro di «Ma chi sono questi??!» si farà inevitabilmente sempre più forte.

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