Cappato e la fake news su Noa: «Un danno alla lotta per il diritto all’eutanasia» – L’intervista

Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni parla del rapporto tra informazione e eutanasia, tra fake news e rischio di influenzare erroneamente il dibattito italiano con paragoni inappropriati

Il controverso caso della morte di Noa Pothoven, la giovane 17enne che si sarebbe lasciata morire di fame e di sete in Olanda, dopo aver chiesto ed essersi vista negare l’eutanasia, ha aperto due fronti di dibattito. Il primo è quello sul tema dell’eutanasia legale: per porre fine alle sue sofferenze frutto di violenze sessuali subite in giovane età, Noa aveva chiesto l’idoneità per l’eutanasia. Richiesta che però le era stata negata. La ragazza, che risultava essere affetta da disturbo da stress post traumatico, depressione e anoressia avrebbe quindi deciso di lasciarsi morire di fame e di sete. 


Inizialmente la sua morte è stata annunciata come un caso di eutanasia. Questo aspetto ha aperto un secondo fronte di discussione sul ruolo dell’informazione e sulle responsabilità. Ne abbiamo parlato con Marco Cappato, leader dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e promotore di eutanasia legale e Science for Democracy.


Secondo lei perché l’informazione non è in grado di gestire in modo appropriato le informazioni mediche ed etiche?

«Le fake news sono notizie fabbricate appositamente per produrre click e per fare soldi. Nel caso della falsa notizia sulle modalità della morte di Noa si tratta di una più banale e classica superficialità di una parte ampia del mondo giornalistico che non ha controllato la fonte». 

«Evidentemente dire che una ragazza si è suicidata in altro modo non attira un certo tipo di attenzione, dire che è stata eutanasizzata sì. Questo mi sembra un risultato malato di sensazionalismo». 

Come è stata trattato il caso dai media olandesi?

«Ho contattato un’amica in Olanda per capire se anche da loro la questione fosse stata affrontata negli stessi termini e stamattina ho scoperto che anzitutto non ne parlavano, e che quei pochi che riportavano la vicenda dicevano tutt’altro». 

Quali sono i limiti dell’eutanasia?

«I casi di minori ammessi all’eutanasia in Olanda si contano sulle dita di una mano in anni e anni. Nel caso di minori, sono esistiti altri casi limite di sofferenza insopportabile in una malattia irreversibile per la quale, con l’accordo dei medici e quello dei genitori, si è arrivati a questa soluzione estrema. Si può provare a curare la quasi totalità delle forme di depressione ed è la ragione per cui i medici avevano detto di no alla richiesta di eutanasia di Noa. Ci sono anche qui casi limite ed estremi di sofferenza psichica per malattie, di solito, congenite che non riescono ad esser trattate in alcun modo e, in un numero limitatissimo di casi, io trovo civile che lo Stato non giri la testa dall’altra parte».

In Italia, oltre al tema dell’eutanasia, esiste anche un problema strutturale sulla presa in carico e sulla cura di pazienti con la depressione.

«Il Belgio e l’Olanda possono trattare questi casi estremi sulla base di un’esperienza ventennale di eutanasia legale, che in Italia non esiste e sarebbe improprio fare paragoni». 

«Anche tutti questi titoli sul fatto che l’Olanda invece di curare i depressi li uccide non sono corretti. Olanda e Belgio curano i depressi non meno bene che l’Italia. Non è facile curare le persone affette da forme così gravi di depressione. C’è ancora tantissimo da fare sul fronte della malattia mentale, della depressione, delle terapie e delle cure e anche dello stigma». 

Se il caso di Noa fosse accaduto in Italia?

«Il caso sarebbe finito nello stesso modo. Il fatto di morire rifiutando cibo e acqua lo si può fare anche in Italia. I genitori di Noa, in accordo con i medici, avevano praticato anche la strada della nutrizione forzata. In Italia lo Stato non può prendere un ragazzo o un adulto che non vuole mangiare e metterlo in coma forzato per farlo mangiare. Chi siamo noi per poter giudicare una situazione così tragica ed estrema? Credo ci voglia solo rispetto». 

In Parlamento si sta per discutere una proposta sull’eutanasia legale.

«Sì. Mi chiedo se sia proprio un caso che solo in Italia la notizia sia rimbalzata più che altrove. Non so. Ma è chiaro che porre la questione dell’eutanasia sotto la chiave di lettura e sotto la lente del sensazionalismo con un caso come questo di certo giovi alla causa, e si genera solo confusione». 

La vostra proposta in cosa consiste?

«La nostra proposta dice che possono accedere all’eutanasia, quindi alla somministrazione o all’autosomministrazione della sostanza letale, solo le persone maggiorenni affette da patologie irreversibili, che si sottopongono a sofferenze insopportabili e che hanno reiteratamente espresso e manifestato questa volontà in capacità di intendere e di volere. Questa proposta non ha nessun punto in comune con il caso di Noa». 

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