Csm, Salvini garantista: «Indegno leggere sui giornali intercettazioni senza rilievo penale» – Il video

Il presidente Mattarella ha indetto «elezioni suppletive» dopo lo scandalo e le dimissioni

Lo scandalo Csm provoca nuove dimissioni, quelle del membro togato del Consiglio Corrado Cartoni, di Magistratura Indipendente, uno dei partecipanti agli incontri notturni con Luca Palamara, Luca Lotti e Cosimo Ferri. Proprio stamattina, intervistato da Virginia Piccolillo sul Corriere della Sera, Cartoni aveva detto: “Io con le nomine non ho avuto nulla a che fare. Mi sarei dimesso, ma sembrava un’ammissione di colpe che non ho e mi sono autosospeso. Ma valuto». Ma che problemi aveva con Ermini? «A volte ha un atteggiamento più politico che giuridico». Non le sembrava grave che Lotti decidesse sulla Procura dove è imputato per Consip? «Io sono un civilista, ma sapevo che era indagato. L’errore c’è stato. Non sapevamo che Ferri lo avrebbe fatto arrivare, ma saremmo dovuti andare via». Secondo lei il caso è finito qui? «E che ne so. Palamara parlava con il mondo. Può uscire di tutto».



Fonte: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev

La riunione Palamara-Lotti

Dalle intercettazioni effettuate tramite la microspia inserita nel cellulare del giudice Luca Palamara emerge chiaramente quanto l’ex ministro Luca Lotti si muovesse come regista del risiko per la nomine nel Csm durante una delle riunioni serali in hotel per decidere il futuro procuratore capo di Roma, là dove dice: «Si vira su Viola, ragazzi». Alla riunione dell’8 maggio, durata 40 minuti, partecipavano il «fior fiore della magistratura», come riporta La Stampa. I «ragazzi» a cui si riferisce Lotti sono Gianluigi Morlini, presidente della commissione per le promozioni ai ruoli direttivi, da ieri sotto procedimento disciplinare e già dimesso. Poi c’erano quattro consiglieri del Csm: Luigi Spina, indagato e dimissionario, Antonio Lepre, Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli. Infine il deputato del Pd Cosimo Ferri.

Mattarella indice elezioni supplettive

Nella serata del 13 giugno, giorno in cui sono state diffuse le intercettazioni fra Luca Lotti e Luca Palamara, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in qualità di presidente dello stesso Consiglio, ha indetto per i giorni 6 e 7 ottobre 2019 la elezione suppletiva di due componenti magistrati che si sono dimessi in questi giorni, Antonio Lepre e Pierluigi Morlini

Le dimissioni di Cartoni

Il consigliere del Csm Cartoni, tra i presenti alla riunione intercettata di Palamara e Lotti ha rassegnato le dimissioni questa mattina, venerdì 14 giugno al vicepresidente David Ermini: «Non per ammissione di responsabilità – ha detto il magistrato – ma per senso delle istituzioni. Ringrazio le centinaia di colleghi che, silenziosi, in questi giorni tremendi mi hanno manifestato la loro stima ed il loro affetto – aggiunge – e auguro ai consiglieri che lascio, e saluto, ed ai consiglieri che entreranno buon lavoro». Cartoni ha provato quindi a chiarire il suo ruolo in quella riunione: «Preciso che non ho mai parlato di nomine, come erroneamente oggi mi attribuisce un quotidiano. Non mi è stato consentito di difendermi, e lo farò nel procedimento disciplinare».

L’intervento del ministro

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha firmato la richiesta di procedura disciplinare nei confronti dei consiglieri del Csm già autosospesi Cartoni, Criscuoli e Lepre, oltre che nei confronti di Spina e Morlini, già dimessisi da consiglieri. «Condividendo a pieno il provvedimento del procuratore generale della Corte di Cassazione, il ministro ha avanzato ulteriori contestazioni – riporta Bonafede in una nota – E continua a muoversi nel solco di quella compattezza delle istituzioni che ha promosso fin dall’inizio della vicenda che sta investendo il Csm».

La sfogo di Lotti: «Basta fango»

Loca Lotti non ci sta e con un lungo post su Facebook replica alle accuse di un presunto coinvolgimento nel processo di Perugia a carico di Luca Palamara dopo le intercettazioni rese pubbliche fra i due. «In questi anni ho incontrato decine di magistrati, per i motivi più svariati: – scrive Lotti – se è reato incontrare un giudice non ho problemi a fare l’elenco di quelli che ho incontrato io, in qualsiasi sede. Mai sono venuto meno ai doveri imposti dalla Costituzione e dalle leggi». L’ex ministro va poi all’attacco: «Procederò in tutte le sedi contro chi in queste ore ha scritto il falso su di me e lo farò a testa alta come un cittadino che crede nella giustizia e in chi la amministra».

Le parole di Lotti su Ermini

Nelle intercettazioni anche un riferimento pesante da parte dello stesso Lotti al vicepresidente del Csm Ermini, entrambi del Pd. L’ex ministro dello Sport, riferito a Ermini, avrebbe detto: «Però qualche messaggio gli va dato forte». Lotti così commentava durante la ormai celebre riunione del 9 maggio scorso con i consiglieri del Csm, Luca Palamara e Cosimo Ferri in cui si discuteva della strategia per la nomina del successore di Giuseppe Pignatone al vertice della procura di Roma. Uno dei consiglieri, ora autosospesi, raccontava di aver «problemi» con Ermini anche in Disciplinare. E Lotti commentava: «questo non va bene però».

Zingaretti: «Il mio Pd non pensa a nomine»

Dopo la diffusione dell’intercettazione di Lotti con le dure parole riferite a Erimini, un fuoco di fila di critiche ha colpito l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Da ambienti parlamentari Pd, però, l’atteggiamento prevalente era la prudenza. «Parli Zingaretti», si diceva. E infatti in sera, il segretario del Pd ha parlato, da una parte difendendo chi come Lotti non risulta ancora indagato, dall’altra però segnando una linea di demarcazione fra le pressioni che risulterebbero evidenti e il nuovo corso avviato da Zingaretti. Ha infatti dichiarato il segretario Pd: «Agli esponenti politici del Pd protagonisti di quanto è emerso non viene contestato alcun reato. Per questo, ogni processo sommario celebrato sulla base di spezzoni di intercettazioni va respinto. Ma – ha continuato – il Pd non ha mai dato mandato a nessuno di occuparsi degli assetti degli uffici giudiziari. Dal punto di vista dell’opportunità politica il partito che ho in mente non si occupa di nomine di magistrati».

La nomina di Giuseppe Creazzo

Lotti spingeva perché la procedura per la nomina si chiudesse in pochi giorni, e così è andata. Nonostante il vicepresidente David Ermini, consigliere nominato dal Quirinale, chiedesse un supplemento di istruttoria per ascoltare i tre candidati. La risposta sarebbe stata sprezzante. La candidatura di Giuseppe Creazzo era quella da abbattere per il gruppo riunito con Palamara. Procuratore capo di Firenze, Creazzo ha una carriera limpida alle spalle e non si sarebbe mai prestato ai disegni del gruppo di Palamara. Creazzo fa parte della forte corrente Unicost, lui in particolare di quella parte che non fa per niente riferimento a Palamara. Il procuratore di Firenze è anche quello che ha indagato sui genitori di Matteo Renzi. Palamara e soci sondano la possibilità di usare contro Creazzo un esposto di un suo vice relativo a un’inchiesta sulla sanità. Poi valutano la possibilità di farlo trasferire a Reggio Calabria, facendolo quasi passare come un favore, visto che Creazzo è reggino.

Palamara a quel punto tira dritto: «Gli va messa paura con l’altra storia». E poi ribadisce: «Metti paura con l’altra storia, dai… liberi Firenze, no?». Lotti va ben oltre: «Però a Torino (dove Armando Spataro è andata da poco in pensione) chi ci va? Scusate se faccio ‘sta cacchio di domanda». Lotti vuole Creazzo lontano da Firenze, i suoi interlocutori colgono al volo l’indicazione, a cominciare da Spina: «Dobbiamo togliere dai coglioni il prima possibile». Aggiunge Palamara: »Se lo mandi a Reggio, liberi Firenze». Lotti replica: «Se quello di Reggio va a Torino, è evidente che quel posto è libero e quando lo capisce che non c’è più posto per Roma, fa domanda… E che se non fa domanda, non lo sposta nessuno».

Il piano su Consip

Nuovi stralci delle intercettazioni hanno rivelato l’intesa tra Palamara e Lotti sul voler chiudere l’inchiesta sugli appalti Consip, una volta che l’ex presidente dell’Anm fosse stato nominato procuratore aggiunto a Roma, con la benedizione dell’ex ministro che da parte sua millantava un canale aperto con il Quirinale.

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