In Evidenza ENISiriaUSA
CULTURA & SPETTACOLOAlessandro Di BattistaLibriM5S

Di Battista, pugni e carezze al M5s: ecco le frasi migliori del libro «Politicamente scorretto»

17 Giugno 2019 - 18:21 Felice Florio
Il 17 giugno è uscito in libreria il libro di Alessandro Di Battista. L'abbiamo letto e abbiamo selezionato alcuni tra i passaggi più "scorretti" di uno dei simboli dei 5 Stelle

Dopo aver pubblicato sei reportage dal Sud America per il Fatto Quotidiano, Alessandro Di Battista esordisce su PaperFIRST, la casa editrice del quotidiano, con un libro sul presente e il futuro del Movimento 5 Stelle e non solo: il titolo è Politicamente Scorretto. Ha fatto già discutere la critica ai deputati, senatori e ministri del Movimento che, a suo dire, si sono «trasformati in burocrati richiusi 18 ore nei ministeri». In più di un punto l’ex parlamentare attacca la linea moderata assunta dai 5 Stelle una volta arrivato al Governo, accusandoli di non essere più «politicamente scorretti». Un concetto che esprime ripetendo la parola “paura”: abbiamo avuto «paura di attaccare la Lega», «paura di prendere posizioni scomode in ambito internazionale e sull’Europa», dice Dibba.

I “pugni” al Movimento

È la notte del 26 maggio, quella del 17% alle elezioni europee. Di Battista assiste alla sconfitta elettorale davanti alla tv. Ed è lì, davanti allo schermo, che matura le sue riflessioni più amare. «Ho ascoltato i miei ex-colleghi raccontare per filo e per segno i provvedimenti passati […] i risultati raggiunti. Risultati ragguardevoli. Mancava qualcosa però quello che ha da sempre caratterizzato il Movimento: il sogno». Il passaggio “incriminato” è più avanti: abbiamo perso le elezioni perché abbiamo creduto alle falsità che i media hanno raccontato alla pubblica opinione e «per tentare di confutarle ci siamo via via trasformati in burocrati richiusi diciotto ore al giorno nei ministeri. Mentre Salvini al ministero non ci stava quasi mai».

Le carezze a Di Maio: «Ho i sensi di colpa per averlo abbandonato»

Le critiche al M5s non mancano, ma nemmeno parole d’affetto nei confronti del partito e dei “compagni di tante battaglie”. Due su tutti: Di Maio e Toninelli. «A Di Maio voglio davvero bene, immagino il peso delle responsabilità che si sente sulle spalle e a volte mi addormento con i sensi di colpa per questo. Penso di averlo abbandonato quando avrebbe avuto bisogno di me […] Però penso che ho il dovere di pungolarlo, di spronarlo e criticarlo laddove necessario».

Le parole d’affetto per Toninelli

«Giornali, tv e politici da quattro soldi provano da mesi a spezzare Danilo Toninelli. L’hanno massacrato con decine di articoli. Hanno vivisezionato ogni suo intervento alla ricerca dell’errore dimostrando interesse zero per le sue scelte politiche. Perché l’hanno fatto? Per me, per favore anche un favore ai Benetton», scrive Di Battista a pag. 69.

«Ho rosicato quando i miei compagni sono diventati ministri»

«Quale mamma non vorrebbe vedere suo figlio giurare da ministro davanti al Presidente della Repubblica? A mia madre sarebbe piaciuto tanto e infatti, sotto sotto, ce l’aveva con me […]. Io avevo in braccio mio figlio e guardavo quella diretta, quella maledetta diretta. Maledetta perché una parte di me voleva stare lì al Quirinale […]. I compagni di mille battaglie diventati ministri e io lì a “rosicare”».

La figuraccia sul reddito di cittadinanza

A pag. 77 Di Battista racconta la campagna elettorale del 2013 e una brutta figura rimediata con un fan che lo aveva invitato a cena: «Su Facebook avevo lanciato l’iniziativa “Invita a cena un candidato” e i miei amici fecero tutto il resto […]. Un signore mi chiede cosa fosse il reddito di cittadinanza […]. Era il primo punto della nostra “Agenda per uscire dal buio” […]. La mia risposta fu drammatica. Ero impreparato, confuso, davvero poco credibile […]»

Cosa fa Di Battista quando non riconosce le persone

A pag. 24 Di Battista fa un lungo discorso sulla sincerità e sull’affidabilità dei politici che dicono sempre la verità, ma proprio sempre: «A volte – scrive – mi capita di essere fermato da persone che mi chiedono: “Ciao, ti ricordi di me”? Io generalmente non ricordo mai […]. Ebbene, quando succede l’istinto di dire: “Certo che mi ricordo” è forte, è la via politicamente corretta, quella democristiana […]. Io dico la verità: “No, non mi ricordo”».

«Malagò è un coatto»

Di Battista si è opposto strenuamente alla candidatura di Roma ai Giochi Olimpici del 2024. Una battaglia politica vinta dal Movimento 5 Stelle, ma che porta con sé degli strascichi di rancore con il presidente del Coni: «Malagò è un coatto, ben vestito ma pur sempre un coatto», dice a pag. 49. E ancora, nello stesso capitolo intitolato «Mediocri al potere», Di Battista descrive così un incontro avvenuto con Malagò a Fiumicino: «Si avvicinò a me e cercò di fare il simpatico. Io non capivo cosa volesse quella piattola da me. “Ma cosa vuoi” – risponde Di Battista – A quel punto arrivò Montezemolo, prese sotto braccio Malagò e ridacchiando andarono via. Mi erano sembrati due bimbetti senza arte né parte, così abituati alle schiere di leccaculo».

«I “prenditori” di Stato»

Il capitolo «I veri nemici» è una critica ai famosi “poteri forti”, da sempre feticcio del Movimento 5 Stelle. «I burattinai? Pensavo che fossero i Brunetta, i D’Alema, i Franceschini, le Boschi, le Finocchiaro o le Santanchè ad avere il controllo del Paese», scrive Di Battista a pag. 41, ma «i nemici sono i grandi “prenditori” di Stato. Le stirpi dei De Benedetti, dei Benetton, dei Caltagirone o dei Berlusconi».

«Salvini schiavo del potere»

Il capitolo conclusivo, “Matrimonio d’interesse”, parla del rapporto del Movimento con la Lega. Di Battista afferma che «Salvini sta giocando sporco» a pag. 111, e subito dopo critica il cambio di attitudine dopo il successo elettorale. «Salvini sente di avere il vento in poppa, di avere un potere immenso e, in qualche modo, pensa di poter passare all’incasso».

«Salvini, forte del trionfo alle Europee – continua a pag. 118 – si sta già, forse inconsciamente, rifugiando nel più becero berlusconismo. Evita di nominare gli evasori fiscali e soprattutto ha iniziato ad attaccare la magistratura». Tre pagine dopo, ancora un attacco al ministro dell’Interno: «Credo che stia diventando, sempre più, schiavo del potere, innamorato più del suo risultato personale che dell’interesse del Paese».

I consigli ai compagni di battaglia

Nel secondo capitolo Di Battista traccia la linea che doverebbe seguire il Movimento per “ricominciare a vincere”. Scrive a pag. 25: «Quando non cerchi il consenso, è la volta buona che lo ottieni davvero». Ma è nell’ultima pagina, nell’ultima frase che Di Battista lancia la sua profezia: «Il Movimento, lo ripeto, faccia il Movimento. Perché un conto è essere contraenti di un patto di governo; un altro è essere complici».

Sullo stesso tema:

Leggi anche:

Articoli di CULTURA & SPETTACOLO più letti