Basta balle sul clima, l’appello di 200 scienziati italiani contro le bufale sui cambiamenti climatici

Il documento si basa su decine di migliaia di studi sulle cause dei cambiamenti climatici nel Mondo

L’appello lanciato redentemente dal fisico Roberto Buizza della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa è anche un vedemecum interessante sulle principali fake news che vengono messe in circolazione per negare le responsabilità dell’attività umana nell’incrementare il Riscaldamento globale e i cambiamenti climatici.  


Il documento è stato firmato da oltre 200 scienziati che aderiscono all’iniziativa dal titolo «No alle false informazioni sul clima». L’iniziativa è sostenuta oltre dall’Istituto di Scienze della Vita del Sant’Anna, anche dalla Scuola Normale Superiore e dalla Scuola Iuss di Pavia.


I dati fin’ora raccolti sono impossibili da ignorare

Rivolgendosi alle massime cariche dello Stato italiano, il documento rende noti i principali argomenti fuorvianti che vengono utilizzati dai negazionisti quando, attraverso i media, si affrontano i temi riguardanti i cambiamenti climatici, assieme ai dati che invece sono stati ormai accertati e che vengono confermati continuamente in nuovi studi.  

La caratteristica delle fonti, come ha potuto constatare anche la recente revisione eseguita dalla Nasa e dal Noaa, consistono innanzitutto in una grande pluralità: da vari ambiti e con diversi mezzi il fenomeno continua a essere documentato, monitorato e accertato, tanto da poter produrre proiezioni sempre più attendibili.  

«Le osservazioni indicano chiaramente che le concentrazioni di gas serra in atmosfera, quali l’anidride carbonica e il metano, sono in continua crescita, soprattutto a partire dagli anni successivi alla seconda guerra mondiale, in seguito ad un utilizzo  sempre più massiccio di combustibili fossili e al crescente diffondersi di alcune pratiche agricole, quali gli allevamenti intensivi».

Non è un fenomeno solamente naturale

Certamente esiste una variabilità climatica che risponde anche a fattori naturali, come abbiamo visto in un recente studio sulla banchisa in Antartide, da alcuni rilanciato in chiave fuorviante. Questo tuttavia non dimostra affatto che stiamo assistendo a un fenomeno svincolato dall’attività industriale umana.

Anche gli effetti sulla sostenibilità sociale ed economica sono stati ampiamente studiati. Nuovi modelli per esempio, mostrano un collegamento tra l’aumento delle diseguaglianze fra potenze industriali e paesi in via di sviluppo.

«Devono essere pertanto intraprese misure efficaci e urgenti per limitare le emissioni di gas serra e mantenere il riscaldamento globale ed i cambiamenti climatici ad esso associati al di sotto del livello di pericolo indicato dall’accordo di Parigi del 2015 (mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali, e perseguire sforzi volti a limitare l’aumento di temperatura a 1,5 °C)».

Da una parte abbiamo già diverse proiezioni preoccupanti che mostrano cosa potrebbe succedere nei prossimi decenni, se non riusciremo a trovare strategie condivise a livello globale; dall’altra si cominciano a individuare possibili soluzioni, non tutte facili da digerire.

Gli studi che confermano il fenomeno sono decine di migliaia

L’appello viene chiuso da un elenco di fonti autorevoli, a livello mondiale. Ma si tratta della punta di un iceberg: parliamo infatti di «decine di migliaia di studi condotti in tutti i paesi del mondo dagli scienziati più accreditati che lavorano sul tema dei cambiamenti climatici».

Alla fine del documento è possibile scaricare l’elenco dei 250 scienziati e intellettuali che hanno costituito un comitato promotore, con tanto di supporto da parte della Sisc (Società italiana scienze del clima). 

A questo punto verrebbe da chiedersi cosa stiamo ancora aspettando. Quali altre verifiche occorrerebbe fare prima di convincere chi di dovere a fare qualcosa?

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