Cosa è successo a Bibbiano, sesto capitolo: il business degli affidi e il conflitto di interessi

Gli affidi muovono un giro d’affari poco trasparente, compreso tra 1 e 2 miliardi di euro l’anno. In Italia ci sono 1800 strutture, un numero anomalo rispetto ad altri Paesi come Germania o Francia

Nel caso di Bibbiano le relazioni tecniche dei terapeuti avrebbero ingannato Procura e tribunale per i minori. Ma non è chiaro se e quanto situazioni simili possano nascondersi in Italia, dato il conflitto di interessi strutturale di molti operatori del settore. Quello reggiano, per dimensioni e tipo di indagine, sembra il primo caso giudiziario del genere.


Negli anni però, diverse inchieste giornalistiche hanno posto l’accento sui tecnici e i «giudici onorari» che decidono sui minori da sottrarre alle famiglie in casi di violenza. Questi tipi di giudici non sono magistrati professionisti, ma educatori, psicologi, sociologi e avvocati, adattati al ruolo.


Molti dei quali lavorano anche per le strutture a cui vengono affidati i bambini o prestano loro consulenza o addirittura le hanno fondate o ne sono soci. Un giro di affari che si muove tra l’1 e i 2 miliardi di euro l’anno, ma opaco sotto il profilo della trasparenza. Il Csm ha reso noto per il 2018 che il 73% degli aspiranti «giudici onorari» sono avvocati.

Sarebbero circa 1800 le strutture che in Italia si occupano della gestione dei bambini allontanati dalle famiglie di origine, e secondo uno studio del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (l’unico esistente e datato 2010) per un numero di minori che oscilla tra i 26.000 e gli oltre 30.000 soggetti in 10 anni. Ma potrebbero essere superiori.

Numeri anche questi anomali se si considera che Paesi più popolosi, come la Germania e la Francia, non raggiungono mai i 10.000 bambini. La metà dei minori italiani finisce in comunità e l’altra in affido familiare. Tra i 1000 e i 2000 bimbi sono anche sotto la soglia dei 6 anni di età.

In attesa dei processi in cui, a vario titolo, gli indagati di Bibbiano si difenderanno per dimostrare la propria innocenza, il presidente del tribunale per i minorenni di Bologna, Giuseppe Spadaro, ha dichiarato di aver messo in moto un complesso processo di rivalutazione dei procedimenti al centro dell’indagine.

Una sorta di supervisione dei casi della Val d’Enza e non solo. A nuovi consulenti e periti è stato dato incarico di farluce su ogni situazione e riesaminare le precedenti risultanze dei servizi sociali. I giudici si sono recati anche nelle comunità ospitanti e hanno incontrato gli insegnanti nelle scuole.

Dagli accertamenti preliminari sono già emerse omissioni e anomalie all’interno delle relazioni dei servizi. Al netto della presunzione di innocenza che vale per ogni persona coinvolta, quello che fa più paura in tutta questa vicenda è vedere i guardiani (psicoterapeuti e assistenti sociali) diventare predatori e trasformare ogni bambino e genitore in potenziali prede, dentro un mondo in cui il sistema giudiziario sembra garantire ben poche difese.

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