Roma, ecco l’occupazione di viale del Caravaggio (in cima alla lista degli sgomberi): «I blindati ci troveranno qui» – Il reportage

Due palazzine occupate da sette anni in zona Tor Marancia e uno sgombero atteso entro il mese: «Chiediamo la solidarietà di tutti». Senza risultati, almeno finora, il lavoro per trovare soluzioni abitative alternative

Sono i prossimi della lista, e lo sanno bene. Sanno anche che succederà a breve, temono entro agosto. In viale del Caravaggio 105/107, a Tor Marancia, la preoccupazione sale, nei due edifici occupati – già sede della Regione Lazio -, proprietà di Angiola Armellini, che possiede oltre mille immobili e nota per aver avuto in passato guai con il Fisco.


È l’occupazione di viale del Caravaggio 105/107 a Roma. Oggi i due palazzi sono abitati da un numero indefinito di persone: non meno di 350. 127 famiglie – e qualche altra che non ha voluto farsi censire. «E più di 80 bambini iscritti nelle scuole qui intorno», dice Luca Fagiano dei Movimenti per l’abitare. 350 persone che da un momento all’altro potrebbero vedere l’arrivo degli agenti e la partenza delle operazioni di sgombero.


Le ragioni dello sgombero

L’occupazione esiste da più di sette anni ed è una realtà ancora più grande rispetto a quella di via Cardinal Capranica 37 a Primavalle, sgomberata il 15 luglio scorso – dopo quasi 20 anni – con una imponente operazione.

L’occupazione di Viale del Caravaggio 105-107/Angela Gennaro

Quello, ormai si sa, era solo l’inizio: per il Viminale sono 23 gli immobili a Roma «arbitrariamente occupati, e sui quali gravano pronunce dell’Autorità Giudiziaria» finiti quindi nella lista degli sgomberi della Prefettura annunciata il 19 luglio scorso. Inoltre quest’anno sarà la volta di altri due edifici «per i quali la Prefettura ha già in corso le attività propedeutiche allo sgombero», dice il Viminale. I palazzi di viale del Caravaggio sono tra questi.

«Resisteremo»

Dopo un’assemblea aperta, nei giorni scorsi, l’occupazione di viale del Caravaggio ha lanciato un appello alla solidarietà. A presidiare i due palazzi occupati, a farsi vedere. A dormire qui, anche, per chi vuole «Noi siamo un porto di accoglienza», racconta Anna. Vive nell’immobile di proprietà di Armellini da sette anni ed è lei il vero e proprio punto di riferimento organizzativo della lotta e della gestione ordinaria della vita comune.

Cosa farete, quando arriveranno i blindati? «Di certo proveremo a resistere», dice Anna. «Non sappiamo dove andare: la nostra alternativa è la strada». L’interlocuzione con l’amministrazione comunale e la giunta guidata da Virginia Raggi, infatti, non sembra andare al meglio, dal punto di vista degli occupanti.

«A Primavalle le soluzioni abitative sono state offerte all’ultimo, praticamente all’alba dello sgombero, e si sono rivelate un bluff e un flop». A quasi un mese dai blindati e dalle barricate di via Cardinal Capranica, una giovane ex occupante venuta in visita all’assemblea di viale del Caravaggio racconta «di almeno 50 nuclei famigliari che vivevano nell’ex scuola e che oggi o sono per strada o hanno trovato rifugio in altre occupazioni». E almeno un’ottantina di bambini rischiano di non tornare nelle scuole che frequentavano da sempre, collocate vicino alla loro ormai ex casa.

Andrà così anche a Caravaggio? «Abbiamo fatto mille proposte al Comune e altrettante alla Regione Lazio, che a sua volta ha un enorme patrimonio vuoto disponibile», chiosa Luca Fagiano dei Movimenti per l’abitare nel corso dell’assemblea pubblica di mercoledì scorso.

L’occupazione di Viale del Caravaggio 105-107/Angela Gennaro

Le prossime tappe

L’ultimo tavolo con l’amministrazione capitolina risale al 2 agosto scorso. Il prossimo dovrebbe essere il 26, mentre il giorno dopo è prevista una nuova riunione del Comitato provinciale per la sicurezza pubblica in Prefettura (l’ultimo tavolo risale a martedì scorso). È dal 27 agosto prossimo che gli occupanti si attendono l’arrivo dei blindati, soluzioni alternative o meno.

«Le istituzioni non mettono mai mano all’unica possibile politica sull’emergenza abitativa: quella delle case popolari», dice Anna tra i corridoi di viale del Caravaggio. Alza le spalle. «La soluzione non può essere l’housing, per esempio: una strada che comunque favorisce il ceto medio, quello che magari non sta benissimo, ma che ancora riesce a pagare le bollette. Chi sta qui lo fa perché magari ha perso il lavoro, o ha avuto una malattia. Ha perso tutto, e di certo sta qui perché non riuscirebbe ogni mese a pagare l’affitto o le bollette», dice Anna.

Già perché una delle strade messe sul piatto dalle assessore capitoline, Rosalia Castiglione per le Politiche Abitative e quella alla Persona, Laura Baldassarre, presentata ai Movimenti e agli occupanti di Caravaggio il 2 agosto scorso, è un buono casa del valore di 500 euro per le famiglie in condizioni di ‘fragilità’. «A parte il fatto che non ci sono i tempi, è un discorso che rifiutiamo: noi che abitiamo nelle case occupate siamo tutti soggetti fragili. Altrimenti non saremmo qua», taglia corto Anna.

Assemblea aperta all’occupazione di Viale del Caravaggio 105-107/Angela Gennaro

Il fatto è che «le istituzioni intervengono sull’emergenza abitativa alla fine, e solo con gli sgomberi», tuona Bruno Papale della Cooperativa Inventare l’abitare. «Fino a questo momento non si è fatto nulla. In tutto il Paese, ormai, non esistono politiche abitative». Lo stesso contributo all’affitto, per Papale, vuol dire solo «altri soldi alla proprietà privata». L’Italia è «il penultimo Paese in Europa per proprietà pubblica rispetto a quella privata. C’è una percentuale del 3,7% di immobili pubblici. Questo ovviamente vuol dire migliaia di persone in tutta Italia che non possono accedere a un alloggio».

«Questa è un’occupazione meticcia», racconta ancora Anna. «Viviamo insieme: italiani, africani, sudamericani, persone dell’est». Una fotografia che, per Bruno Papale, fa paura: «Etnie e realtà diverse che vivono insieme, si confrontano, hanno un rapporto sereno con il territorio qui intorno. Non sono i fantasmi del Mediterraneo: fanno paura, perché sono persone come me e te. E non va bene, per chi vuole usare la questione migratoria per parlare alla pancia peggiore del Paese».

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