Perché quel che accade in Amazzonia è importante per la lotta contro i cambiamenti climatici

Chi sminuisce la gravità degli incendi in Amazzonia dimentica le emissioni di CO2 che rappresentano

Quando facciamo riferimento al ruolo che giocherebbe la foresta pluviale amazzonica nel regolare la quantità di ossigeno e anidride carbonica nell’atmosfera, spesso semplifichiamo utilizzando la definizione «polmone verde», parlando di un 20% della produzione mondiale di ossigeno proveniente da lì.


Quel 20% riguarderebbe però l’ossigeno che l’Amazzonia ricava da fonti terrestri, ma quello emesso (il 6%) viene grosso modo trattenuto dalla foresta stessa, come spiega a Forbes Jonathan Foley, ex direttore esecutivo della California Academy of Sciences


Il divulgatore scientifico Giacomo Moro Mauretto del canale Entropy for life spiega a Open perché la salute della foresta amazzonica deve importarci e non possono essere in nessun modo sminuiti i danni che gli incendi in corso fanno, contrastando la nostra lotta contro l’aumento dei livelli di CO2 in atmosfera e i conseguenti cambiamenti climatici.

Una enorme riserva di CO2 pronta a essere liberata in atmosfera

«Misurando con i satelliti il livello di fotosintesi dell’Amazzonia ci si può aspettare una grandissima produzione di ossigeno – spiega Mauretto – ma non conta solo questo, bisogna contare anche lʼossigeno che viene utilizzato dalla foresta stessa (da piante, animali, funghi e batteri), ovvero la differenza tra ossigeno assorbito e quello rilasciato in atmosfera. 

Vari studi ci dicono che, in realtà, il bilancio è praticamente a zero, proprio perché le diverse forme di vita della foresta utilizzano quasi tutto l’ossigeno prodotto dalle piante.

Questa attenzione per l’ossigeno però non ha seno: lʼatmosfera ha una quantità difficilmente intaccabile. Mentre lʼossigeno è circa il 20% dei gas dell’atmosfera, cioè 200 mila parti per milione (ppm), lʼanidride carbonica corrisponde a sole 400 ppm. 

La combustione del materiale organico ha quasi un’equivalenza tra lʼossigeno consumato e la CO2 prodotta. Una variazione del uno per mille di ossigeno atmosferico (“solo” 200 ppm) comporterebbe l’aumento di altrettante 200 ppm per lʼanidride carbonica: per quest’ultima significherebbe un aumento del 50%.

Ben prima che il consumo di ossigeno possa diventare rilevante, l’anidride carbonica in atmosfera sarebbe diventata talmente tanta da rendere la terra praticamente invivibile».

Il problema appare quindi ancora più grave, infatti la foresta pluviale amazzonica è importante per quel 25% di carbonio mondiale nella biosfera e per il suo ruolo nel regolare i climi delle regioni circostanti. Tutte le foreste tropicali sono importanti proprio in quanto trattengono il carbonio accumulatosi nel tempo.

«Anche senza preoccuparci dell’ossigeno, l’Amazzonia è importante per l’ambiente – afferma Foley – Conserva il carbonio che, una volta rilasciato nell’atmosfera attraverso l’atto di bruciare, produce pericolose emissioni di anidride carbonica che riscaldano l’atmosfera e contribuiscono al cambiamento climatico. In effetti, l’Amazzonia immagazzina il 25% del carbonio del mondo».

«Lʼaumento di CO2 comporta conseguenze enormi – continua Moro Mauretto – perché incrementa lʼenergia assorbita dalla Terra. Secondo il programma Copernicus gli incendi nella regione hanno emesso finora 230 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Corrispondono alle emissioni della intera produzione annua di uno Stato europeo.

La foresta amazzonica resta un problema dal punto di vista delle emissioni, nonostante lʼanidride carbonica in atmosfera non sia distribuita in egual modo. Cʼè un gradiente di concentrazione che è più alto nel Circolo polare Artico e cala man mano che si scende verso Sud. Una grossa emissione di CO2 nellʼemisfero australe è diversa da quella che avviene nell’emisfero boreale. 

Ci sono sistemi come quelli dellʼArtico o delle foreste che sotto un valore soglia di certi parametri possono collassare. Per lʼArtico il collasso avviene se la temperatura si alza troppo e sciogliendo il permafrost libera grandi quantità di metano, comportando effetto serra e quindi di nuovo fusione dei ghiacci, in un circolo vizioso. 

Per le foreste tropicali, invece, il problema è legato alla superficie e allʼumidità. Se la foresta si ritira troppo diminuisce lʼumidità causata dalle piante stesse.

Sotto una certa soglia di umidità molte specie di piante potrebbero deperire o estinguersi, comportando un altro circolo vizioso. Un collasso di questo tipo comporterebbe l’enorme aumento delle emissioni in poco tempo. Anche per questo preservare le foreste è fondamentale dal punto di vista dei cambiamenti climatici».

Foto di copertina: National Geographic/Gli incendi in Amazzonia il 22 agosto 2019.

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