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Migranti, ecco come si può sbloccare l’Europa su sbarchi e accoglienza: la soluzione radicale di Enrico Letta

12 Settembre 2019 - 18:06 Redazione
Enrico Letta
Enrico Letta

«Perché non si è avviata una politica migratoria europea in grado di conciliare rispetto dei diritti umani e gestione controllata dei flussi alle frontiere?». In una lettera al quotidiano la Repubblica, l’ex primo ministro Enrico Letta si concede qualche riflessioni sulle politiche migratorie italiane. Parole che arrivano in concomitanza con l’ennesima emergenza umanitaria portata alla cronaca dalla nave Ocean Viking della Ong Sos Mediterranee, ancora in attesa di un porto sicuro. «Che il corto circuito sia stato tale lo dimostra la proposta, inaccettabile, di usare per la Commissaria europea la denominazione di “protezione del nostro stile di vita” legata alla questione migratoria», dice, riferendosi alla scelta (poi ritirata) di Ursula von der Leyen di affidare la delega all’immigrazione al ministro per la “Protezione dello stile di vita europeo”, il greco Margaritis Schinas.

«In assenza di soluzioni avranno la meglio populisti e xenofobi, che
speculano sulle paure e si alimentano di semplificazioni». E di soluzione Letta ne propone una, quella di un accordo che «non si muova nella crisi con strumenti vecchi» e che non venga bloccato nelle modifiche dal veto del gruppo Visegrad. «La via dell’unanimità va abbandonata», scrive, perché con i veti ungheresi si rimane «nel guado» e «i migranti continuano a morire in mare». «Occorre un nuovo Trattato tra i paesi europei che ci stanno».

Lampedusa vs Dublino

«Il Trattato di Dublino – scrive – è un congegno creato decenni fa in funzione di altri scenari, precedenti alla instabilità e alla mobilità determinatesi dopo le primavere arabe». Letta propone quindi un’alternativa radicale, piuttosto che una modifica di Dublino: il Trattato di Lampedusa, da discutere e firmare a Cesenatico. Un patto che possa «creare automatismi» nella redistribuzione a ogni arrivo di una nave, gestiti dall’autorità centrale europea, e che non criminalizzi l’operato delle Ong nel Mediterraneo. «Con la centralizzazione si renderà possibile una gestione diversa dei flussi dei richiedenti asilo e dei migranti economici; allo stesso tempo, si dovranno promuovere i doveri, a partire dall’imparare la lingua locale. Tra gli altri capitoli il controllo della frontiera esterna Ue, il rapporto coi Paesi terzi e il coordinamento con le norme sulle attività di salvataggio in mare».

Per gli Stati, come l’Ungheria, che continueranno a porre il veto, Letta ha una posizione chiara, «realista»: farne a meno. «L’Ungheria, se anche accettasse di accogliere i migranti, per le sue dimensioni ridotte, se ne
vedrebbe assegnate quote simboliche. Non sarebbe decisiva». Quanto all’Italia, invece, questa sarebbe un Paese centrale: «L’Italia deve essere in prima fila: chi meglio di noi e della Germania? Il più grande Paese di primo ingresso e il più grande di destinazione finale. Conte e Merkel dovrebbero preparare una proposta da far condividere anzitutto a Francia e Spagna e poi agli altri».

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