Omeopatia: la scienza del copia-incolla con pubblicazioni di dubbia attendibilità

Continuano a emergere aspetti controversi riguardo alla review di Bellavite sui preparati omeopatici

Il tentativo un po’ maldestro del medico non più iscritto all’albo Paolo Bellavite di prendere le difese del collega Massimiliano Mecozzi, sotto processo perché aveva somministrato preparati omeopatici ad un bimbo di sette anni affetto da otite, poi morto, è naufragato quando i revisori di Patto trasversale per la Scienza hanno scoperto che la sua revisione sistematica è stata pubblicata su una rivista predatoria.

Già agli inizi degli anni 2000 Bellavite era noto al Cicap come «la figura più di spicco dell’omeopatia italiana», interpellato anche telefonicamente, con un invito a dimostrarne attraverso sperimentazioni l’efficacia, si è sottratto al confronto, sostenendo che «per me parlano le pubblicazioni scientifiche, di cui con chi è seriamente interessato sono sempre disposto a discutere».

Ma a quanto pare la storia non finisce qui. Dopo il mistero di una delle firmatarie della revisione improvvisamente scomparsa – poi riapparsa – dal documento, scopriamo anche un altro elemento, che se non altro ci offre lo spunto per continuare a parlare di ciò che nelle pubblicazioni scientifiche non si dovrebbe mai fare, perché mina il rigore della ricerca.

Come è stata eseguita la review

Un altro spunto interessante ci viene dal lavoro stesso dei revisori, a cui le case editrici chiedono di verificare l’attendibilità degli studi, analizzando il metodo con cui vengono condotti. L’omeopatia gode ancora oggi di un certo credito mediatico, nonostante sia inequivocabilmente una medicina alternativa priva di efficacia, questo anche perché il metodo con cui si dovrebbero revisionare gli studi e come si valuta l’autorevolezza di una rivista scientifica, continuano a essere poco conosciuti.

I revisori esperti Enrico Bucci, Pellegrino Conte e Salvo Di Grazia hanno infatti verificato la presenza di numerosi copia-incolla nella revisione di Bellavite, che risulterebbero in buona parte in altre pubblicazioni dello stesso autore.

Per verificarlo i tre scienziati hanno eseguito un fact-checking mediante un software molto noto agli addetti ai lavori: ithenticate. Si tratta di uno strumento usato per verificare quali porzioni di testo in uno studio scientifico sono state plagiate da altri lavori, scoprendo anche nuove informazioni sulle fonti di provenienza.

«Si noti che per l’analisi sono state considerate solo quelle fonti che contengano almeno 100 parole – spiegano gli autori – in comune con la review in analisi, e non sono state considerate valide identità testuali di meno di 5 parole consecutive. Dall’analisi è stata ovviamente esclusa la sezione bibliografica della review».

La review di Bucci, Conte e Di Grazia, con le porzioni di testo della revisione di Bellavite che risultano copiate da altri lavori.

Pubblicazioni di dubbia attendibilità

Sono almeno tre gli articoli precedenti di Bellavite da cui sono state prese ampie porzioni di testo. Due di esse non sono nemmeno indicizzate su PubMed, il sito aggregatore delle pubblicazioni di interesse medico. 

Si tratta comunque di un particolare interessante, perché il sito non esegue ulteriori verifiche, quindi può capitare di trovarci comunque pubblicazioni poco attendibili.

Dire “questo studio l’ho trovato su PubMed” non è quindi garanzia immediata di attendibilità. Ma evidentemente alcune pubblicazioni sono talmente poco accurate da non passare nemmeno il blando vaglio del portale. 

Peccato però che nella review di Bellavite si legge anche:

«La nostra precedente revisione sistematica sull’effetto dell’omeopatia nei disturbi immunologici comprendeva anche articoli non sottoposti a revisione paritaria pubblicati fino al 2010, ma in questo rapporto abbiamo limitato il rapporto agli studi clinici e agli studi osservazionali citati da PubMed».

Inoltre, almeno uno degli studi da cui è stato estrapolato del testo è risultano essere stato pubblicato su rivista predatoria. Altri due sono sospetti: uno del 2008 pubblicato da un editore indiano non riconosciuto nel circuito dell’editoria open access; l’altro del 2006 pubblicato da un gruppo egiziano considerato predatorio fino al 2010.

Se prendiamo per buono che si tratti del miglior studio condotto finora per dimostrare l’efficacia dell’omeopatia, ci chiediamo allora come mai questa pratica continui ad avere credito in molti ambulatori italiani.

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