Coronavirus, in Lombardia 6 mila metalmeccanici fermi

Non soltanto dipendenti delle aziende in “zona rossa”,rallenta la produzione anche a Milano, Bergamo e Cremona

A causa dell’emergenza Coronavirus sono quasi 6000 in Lombardia i lavoratori metalmeccanici coinvolti da fermi della produzione e riduzione d’orario. Nella maggior parte dei casi si tratta di dipendenti di imprese della “zona rossa“, ma sono fortemente interessante anche le aziende industriali di Bergamo, Milano e Cremona. «Siamo molto preoccupati – ha detto Andrea Donegà, segretario generale Fim Cisl Lombardia – Per fare un bilancio attendibile degli effetti sull’occupazione dell’industria manifatturiera lombarda dobbiamo attendere almeno un paio di mesi, ma i primi segnali sono allarmanti. Sicuramente la catena globale del valore, in cui le imprese italiane, e lombarde in particolare, sono ben inserite, subirà dei contraccolpi pesanti che avranno forti ripercussioni sulla tenuta delle nostre imprese».


I possibili effetti negativi del Coronavirus sull’economia lombarda si inseriscono in un quadro tutt’altro che sereno: a fine 2019 erano 17.288 i lavoratori coinvolti da cassa integrazione ordinaria, straordinaria e licenziamenti, in crescita del 79% rispetto allo stesso periodo del 2018. Aumentano anche le aziende coinvolte dalla crisi: 392, +4,5% rispetto al primo semestre 2019. In generale si nota un forte rallentamento complessivo dell’attività economica che conferma il trend già registrato nel primo semestre 2017, insieme alla difficoltà di molte imprese a riadattarsi al nuovo contesto economico produttivo e a riposizionarsi sul mercato e nella congiuntura economica.


«La frenata in atto nell’industria metalmeccanica lombarda è proseguita anche nel secondo semestre dell’anno – sottolinea ancora Donegà -. Le ore di lavoro si sono ridotte e diverse imprese non sono riuscite a consolidare i precedenti segnali di ripresa, assestandosi su livelli di attività inferiori che non consentono quella crescita occupazionale di cui, invece, avremmo bisogno per riassorbire le troppe persone rimaste senza lavoro in questi ultimi anni». «La nuova impennata del numero dei lavoratori coinvolti da ammortizzatori è un segnale preoccupante per la prospettiva industriale e occupazionale – aggiunge – anche considerando che in diverse situazioni si sta arrivando al termine della disponibilità degli ammortizzatori sociali conservativi. Prosegue il clima di incertezza che frena gli investimenti e riduce la capacità di ripresa».

Il parere degli esperti

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