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Coronavirus, la denuncia di un’azienda che produce tessuto per mascherine: «Ecco perché non reggiamo più la concorrenza cinese»

09 Aprile 2020 - 19:39 Fabio Giuffrida
mascherine
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«Mentre noi dobbiamo pagare il 22%, la Commissione Europea ha deciso di rendere esenti da dazi doganali e Iva i dispositivi di protezione importati dall’estero», spiega Andrea Terracini, amministratore di un'azienda tessile a Como

Lui si chiama Andrea Terracini ed è l’amministratore delegato della NT Majocchi, un’azienda tessile di Como che ha deciso di «riconvertirsi per l’emergenza sanitaria del Coronavirus» producendo tessuto per mascherine, tute protettive e camici. Dispositivi di protezione individuale essenziali nella lotta al virus.

L’Iva al 22%

«Peccato che, mentre noi dobbiamo pagare il 22% di Iva anche su questi prodotti destinati all’emergenza, la Commissione Europea abbia deciso di rendere esenti da dazi doganali e Iva i DPI importati dall’estero, quindi soprattutto dall’Asia, fino al 31 luglio 2020. Una decisione giusta se venisse applicata anche alle aziende italiane. Perché noi no?», si domanda Terracini.

Questo fa sì che gli enti pubblici preferiscano importare dall’estero che comprare da un’azienda italiana: «La Regione Lombardia, per esempio, ci ha fatto notare che, comprando fuori dal nostro Paese, non paga Iva. Mentre se acquista da noi, in Italia, deve anticiparla. In un momento come questo, in cui le casse della Regione non sono di certo piene, pesa molto un ulteriore esborso finanziario del 22%. Numeri alla mano, se comprano all’estero spendono 5 milioni, da me 6,2 perché i restanti 1,2 sono Iva».

«Una follia, così ci massacrano»

«A volte mi chiedo: “ma non è forse il caso di lasciar perdere tutto, di mandare i dipendenti in cassa integrazione e dunque di chiudere tutto? Parlano di riconversione, di sistema Italia e poi creano situazioni come questa?» continua Terracini. Una «disparità di trattamento» su cui pesa già «una difficile competizione con il mercato asiatico che ha prezzi più bassi rispetto a quelli italiani»: «È una follia, io e i miei colleghi siamo allibiti. In questo modo ci massacrano. Il mio è un grido di dolore».

Foto in copertina di repertorio: Ansa

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