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La beffa per le aziende: la ripresa può aspettare, usate come ammortizzatori sociali – L’intervento

Le imprese sono sempre più chiamate a svolgere una supplenza dello Stato: è questo il modo per rilanciare il sistema economico?

Le imprese sono sempre più nel mirino del legislatore, che scarica ogni giorno nuovi e impropri compiti di natura pubblicistica sulle loro spalle. Un primo segnale di questo approccio emerse alla fine dello scorso anno, quando con il c.d. decreto fiscale fu imposto alle aziende committenti di appalti di svolgere compiti di controllo che, tipicamente, sono di competenza pubblica.

Questa linea si è consolidata in maniera decisa dopo l’esplosione dell’emergenza sanitaria da Covid 19: il legislatore, nella ricerca di soluzioni finalizzare ad attenuare gli effetti occupazionali della crisi, ha progressivamente scaricato sulle aziende alcuni oneri che, in un’economia moderna, dovrebbero restare a carico delle istituzioni pubbliche.

Il primo onere, nascosto ma molto pesante, è consistito nel sostegno finanziario al pagamento della cassa integrazione: per i settori nei quali è ammessa l’anticipazione aziendale, le imprese hanno anticipato ai lavoratori il trattamento dovuto dallo Stato, mascherando in maniera importante i ritardi dell’INPS. Per gli altri settori dove l’anticipazione della cassa non è ammessa, moltissime aziende hanno attivato strumenti alternativi (di solito, prestiti infruttiferi) per colmare i ritardi dell’ente di previdenza ed evitare che i dipendenti restassero per mesi senza risorse.

Il secondo onere è derivato dal divieto di licenziamenti, la misura (contenuta nel c.d. Decreto Cura Italia e prorogata dal c.d. Decreto Rilancio) che vieta a qualsiasi azienda, anche in presenza di una crisi conclamata, di ristrutturarsi. Una misura di dubbia costituzionalità, che serve a mascherare sotto il tappeto (e sulle spalle delle aziende) gli effetti occupazionali della pandemia.

Il terzo onere è venuto fuori in questi giorni nella legge di conversione del Decreto Rilancio, in fase di approvazione parlamentare. La legge prevede la proroga automatica e obbligatoria di tutti i contratti a termine dei lavoratori che hanno fruito degli ammortizzatori Covid. In questo modo, un contratto che stava per scadere (o che era già scaduto) viene allungato per legge senza che ci sia alcun collegamento con gli effettivi fabbisogno aziendali.

Sicuramente è opportuno che in una fase di crisi le aziende facciano la loro parte per aiutare la ripresa. Ma questo compito deve essere svolto con gli strumenti appropriati: investimenti, ricerca, sviluppo, promozione dell’occupazione regolare. Se le imprese vengono trasformate in ammortizzatori sociali impropri, c’è il serio rischio di rinviare a domani, con effetti molto più devastanti, quella crisi che si vuole contenere oggi.

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