Cassa integrazione nel Decreto Agosto: quando spetta e come funziona

Guida alle novità contenute nel DL 104/2020 in tema di cassa integrazione e strumenti equivalenti

L’estensione degli ammortizzatori sociali con causale Covid 

Il Decreto Legge n. 104/2020 ha concesso alle imprese la possibilità di fruire degli strumenti di integrazione salariale con causale Covid-19, previsti dal precedente c.d. Decreto Cura Italia (Decreto Legge n. 18/2020), per altre 9 settimane dal 13 luglio 2020, aumentabili di ulteriori 9 settimane, per un periodo complessivo di 18 settimane (art. 1).


L’accesso a tali strumenti – cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga, finanziati con circa 8 miliardi di euro – è ora tuttavia subordinato a numerosi requisiti, non è a costo zero per molte imprese e può produrre conseguenze non scontate sul versante della gestione dei rapporti di lavoro.  Esaminiamo questi aspetti più in dettaglio.


Periodi di fruizione e contributo addizionale

In primo luogo, i trattamenti in questione possono essere fruiti esclusivamente nel periodo dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020. Gli eventuali periodi di integrazione salariale già autorizzati ai sensi dei c.d. Decreto Cura Italia e Decreto Rilancio, collocati anche solo in parte dopo il 12 luglio 2020, restano assorbiti e dovranno essere scomputati dalle prime 9 settimane aggiuntive introdotte dal Decreto Agosto.

Il secondo “blocco” di 9 settimane potrà essere utilizzato solo da quei datori di lavoro che siano stati autorizzati a beneficiare interamente del primo periodo di integrazione previsto dal Decreto Agosto. Mentre le prime 9 settimane sono fruibili – in presenza dei requisiti – senza costi aggiuntivi, per la seconda tranche è invece previsto un contributo addizionale a carico delle imprese il cui fatturato non abbia risentito degli effetti negativi del Covid-19, oppure abbia subito una riduzione inferiore al 20%.

Per calcolare questo tasso occorre operare un raffronto tra il fatturato aziendale registrato nel primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre del 2019. Il datore di lavoro è tenuto a pagare un contributo, commisurato alla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, pari:

  • al 9%, qualora il fatturato del periodo gennaio-giugno 2020 abbia subito una diminuzione inferiore al 20%, rispetto a quello registrato negli stessi mesi del 2019;
  • al 18%, laddove il fatturato nel periodo considerato non abbia riportato alcuna flessione.

Sono espressamente esonerati dal versare tale contributo i datori di lavoro che abbiano perso almeno il 20% del proprio fatturato e quelli che, in ogni caso, abbiano avviato l’attività di impresa dopo il 1° gennaio 2019.

Presentazione delle domande

Nella domanda all’INPS di concessione delle 9 settimane aggiuntive, il datore di lavoro dovrà autocertificare l’eventuale riduzione del fatturato subita; in mancanza, l’Istituto applicherà l’aliquota del 18%. Le domande dovranno essere presentate, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui è iniziata la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa; in ogni caso la prima scadenza, per l’accesso ai trattamenti relativi al mese di luglio 2020, è fissata al 30 settembre 2020.

Effetti sulle imprese e rapporti con il divieto di licenziamento

L’attuale scelta di rendere almeno in parte oneroso il ricorso all’ammortizzatore sociale risulta in controtendenza rispetto ai precedenti provvedimenti, che avevano garantito l’accesso gratuito a tali strumenti.

La soluzione adottata lascia intravvedere la volontà del legislatore di disincentivare queste forme di sostegno e, al contempo, di privilegiare la fruizione dell’esenzione contributiva (per un massimo di 4 mesi), prevista come opzione alternativa dall’art. 3 del Decreto Agosto. 

Inoltre, la proroga dell’integrazione salariale disposta dal Decreto Agosto è alla base del meccanismo “a scadenza mobile”, che regola il divieto di licenziamento mantenuto in vigore dall’art. 14 del Decreto stesso. La mancata consumazione delle settimane aggiuntive, infatti, se non “bilanciata” dalla fruizione dell’esonero contributivo, salvo talune specifiche eccezioni sembra precludere per il momento al datore di lavoro la possibilità di intimare licenziamenti “economici”, tanto individuali (per giustificato motivo oggettivo) quanto collettivi.

Questo complicato assetto presumibilmente porterà diverse aziende a rivedere e ripensare i programmi stabiliti in precedenza, in un differente contesto normativo; ma sicuramente costringerà tutte le imprese a valutare attentamente l’effettiva convenienza del periodo aggiuntivo di integrazione, che come visto non è neutro, sia in termini di costi diretti/indiretti che di opportunità.

Immagine copertina di Headway on Unsplash

Leggi anche: