Toti: «Il mio impegno è in Liguria, ma se c’è bisogno di dare una mano per “scongelare” il centrodestra ci sono» – L’intervista

Tra chi dice che la sua vittoria sia il frutto della buona gestione delle emergenze e chi sottolinea come sia soprattutto il riflesso di un’opposizione che non ha funzionato, il presidente uscente si dice soddisfatto e disponibile a dialogare con tutte le forze di centrodestra

«Questo è il più grande risultato del centrodestra che si sia mai avuto nella storia della Liguria. Venti punti percentuali in più rispetto a cinque anni fa. Vuol dire che questi cinque anni sono stati apprezzati dagli elettori». Commenta così su Twitter Giovanni Toti, che in Liguria ha vinto con oltre il 50 % dei voti contro l’avversario Ferruccio Sansa, sostenuto dalle due principali forze al governo del Paese, Partito democratico e Movimento Cinquestelle.


Per alcuni la schiacciante vittoria del governatore uscente e della sua lista personale è il risultato di una buona gestione dei momenti di crisi che, dal Ponte Morandi all’emergenza Covid, non sono mancati in Liguria. Per altri, invece, è soprattutto il riflesso di un’alleanza sbagliata all’opposizione, quella tra PD e Movimento 5 Stelle.


Presidente Toti, il risultato del voto era prevedibile, ma Sansa le ha reso tutto più facile? Quali sono stati gli errori del Pd?

«Chiaramente l’alleanza giallorossa non ha funzionato. Nonostante ciò non è banale che vinca il centrodestra in Liguria, che è la regione che ha visto nascere il Movimento 5 Stelle con Grillo e che ha una tradizione e una cultura di sinistra radicata nella storia dei suoi porti, delle sue fabbriche. È un’alleanza che evidentemente non contiene in sé quella scintilla in grado di funzionare. La somma dei partiti che governano il Paese, in Liguria perde rispetto alle scorse elezioni regionali più di 20 punti percentuali, segno che evidentemente questa scelta non è piaciuta.

Allo stesso tempo il centrodestra conquista il suo miglior risultato di sempre nella regione guadagnando 20 punti percentuali. Credo che in questi numeri ci sia la risposta alla domanda, la cui ragione sta nel fatto che non piace l’alleanza, ma evidentemente non è piaciuta nemmeno la scelta del governo di gestire il Paese dialogando poco con le istituzioni locali. È piaciuto, al contrario, un centrodestra laborioso che si è rimboccato le maniche sul ponte, sulle mareggiate e la strada di Portofino, e soprattutto sul Covid».

Lo scenario che emerge da queste elezioni, tra regionali e referendum, è un rifiuto della politica dei palazzi e un attestato di fiducia verso i governatori locali?

«Emerge chiaramente la voglia dei territori di governarsi, di scegliere i propri governatori e i propri sindaci anche in parziale difformità rispetto alle scelte nazionali. Lo si vede con lo straordinario successo di Luca Zaia in Veneto, con il nostro successo in Liguria, ma lo si vede anche nelle regioni in cui hanno vinto i rappresentanti dell’altro schieramento, ovvero De Luca in Campania ed Emiliano in Puglia, entrambi due personalità che pure non sono esattamente omologabili al governo giallorosso. Emerge chiaramente un desiderio di autonomia e spero che, insieme al taglio dei parlamentari, in questo Paese torni anche la voglia di fare le riforme che da troppo tempo aspettiamo».

Con Salvini politicamente sempre più fragile e Berlusconi provato dalla malattia, c’è chi dice che da queste elezioni possa emergere anche un nuovo possibile leader per il centrodestra. È vero?

«Io personalmente ho preso un impegno con i liguri, che mi hanno dimostrato un enorme affetto con il 20% dei voti alla mia lista, quindi il mio primo impegno è con loro. Poi dico da sempre che se c’è bisogno di dare una mano per “scongelare” un centrodestra che al momento è troppo chiuso nei suoi partiti – con la Lega che corre per la Lega e Forza Italia che cerca di tenere quel poco che gli è rimasto – io ci sono. Il mio primo impegno è in Liguria, ma se si riesce a fare qualcosa sono felice».

E questo “qualcosa” lo farebbe con Giorgia Meloni, come si mormora da tempo?

«No, no, lo farei con tutti. Con la Meloni, con Salvini, con Berlusconi. Io sono sempre per unire».

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