Il lavoro digitale: come frenare il bombardamento delle comunicazioni – Il commento

di Giampiero Falasca

La digitalizzazione del lavoro fa crescere in maniera esponenziale email, video chiamate, messaggi whatsapp. Serve un filtro per sopravvivere

Uno dei pochissimi effetti positivi della drammatica emergenza sanitaria del Coronavirus che sta angosciando il pianeta è la forte spinta verso la digitalizzazione di molti aspetti della vita sociale. Moltissime tecnologie che già esistevano (si pensi ai tanti sistemi di video chiamata, per fare l’esempio più’ semplice) ma erano utilizzate da un numero limitato di utenti, sono diventate improvvisamente strumenti di massa. Questa tendenza ha invaso anche il mondo del lavoro, producendo diversi effetti positivi: si è ridotto in maniera importante il numero degli spostamenti per riunioni di dubbia utilità o importanza, che sono state sostituite da video chiamate, più rapide ed efficienti.


Gli effetti positivi del lavoro agile

Cosi come è cresciuto, dopo le costrizioni del “lavoro casalingo” durante il lockdown, il ricorso al lavoro agile, che piano piano sta recuperando la forma di alternanza tra luogo di lavoro e ambienti esterni, fenomeno che genera diversi problemi economici, ma ha anche molti effetti positivi (dalla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sino alla maggiore produttività, per non tacere del risparmio sui costi fissi). Questa forte spinta verso il lavoro digitale contiene, come ogni rivoluzione che si rispetti, anche alcune insidie, che vanno gestite con antidoti efficaci prima che sia troppo tardi. La più importante è il rischio di una crescita insostenibile dell’inquinamento digitale.


L’eccessivo utilizzo della tecnologia

Un uso smodato ed eccessivo delle nuove tecnologie di comunicazione può rendere infernale la vita lavorativa dentro il new normal, generando nuovi rischi per la salute, a partire dal sovraccarico di stress per finire con i danni alla vita personale causati dalla cancellazione dei limiti di orario. Chiunque lavori in un’azienda di servizi ha intravisto i segnali di questa tendenza: un uso smodato delle email, che dalle prime ore del mattino sino alla tarda sera partono come missili in mille direzioni, la sequenza infinita di video riunioni, l’uso delle chat di whatsapp come forma di sollecito e accelerazione delle risposte già chieste via email, la “dimenticanza” dell’orario di inizio e fine delle attività.

La velocità e la pervasività di questi processi va contenuta e governata prima che le aziende e i loro lavoratori vengano sommersi da una sbornia digitale. Il problema è capire come fare a governare questi processi. Sicuramente è  importante ricordare che ogni comunicazione digitale può “inquinare” l’ambiente di lavoro, anche se non è composta di materiali fisici: prima di scrivere bisogna, quindi, chiedersi se è davvero necessario farlo, e se è davvero indispensabile includere tutti i destinatari inseriti nella mailing list.

E’ altrettanto importante scegliere il mezzo giusto di comunicazione: non ha senso fissare una video call con 20 partecipanti per prendere una decisione che richiede un si o un no rapido (e quindi potrebbe benissimo essere risolta al telefono) cosi come non è consigliabile fissare una conference call per dibattere tra decine di persone un argomento importante. Anche le aziende devono fare la loro parte, fissando dei paletti sulla quantità e qualità delle comunicazioni digitali che si possono scambiare, senza accettare in maniera passiva che crescano senza filtri.

Non dimentichiamo la dimensione umana

E poi c’è l’ultimo ma non meno importante accorgimento: non perdere di vista la dimensione umana. La possibilità di comunicare con strumenti digitali non deve farci dimenticare che anche sul lavoro alcuni argomenti, temi, sentimenti e discussioni devono essere discussi a voce e di persona, senza filtri digitali e scorciatoie tecnologiche.

Immagine copertina di hj barraza su Unsplash

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