La battaglia per la Corte Suprema. «L’eredità di Trump? Aver spostato la giustizia a destra» – L’intervista

di Riccardo Liberatore

Alan Rozenshtein, docente di diritto all’Università di Minnesota, spiega perché la nomina della giudice anti-abortista potrebbe condizionare la vita del Paese per gli anni a venire

Il primo giorno di audizioni di Amy Coney Barrett al Senato, chiamata da Donald Trump a sostituire l’incona progressista Ruth Bader Ginsburg alla Corte suprema, è finito senza particolari colpi di scena. Ma non è stato privo di momenti di tensione. Barrett, che si è presentata in compagnia dei suoi sette figli, ha cercato di rasserenare gli animi promettendo di essere imparziale e dichiarando di aver accettato la nomina «perché ho un profondo rispetto per lo stato di diritto». Ci ha pensato Trump a mettere un po’ di benzina sul fuoco.


Innervosito dagli interventi dei senatori democratici, che hanno usato il primo giorno per attaccare Barrett sulle sue posizioni critiche verso l’Affordable Care Act – la riforma della sanità di Obama che una Corte Suprema a maggioranza conservatrice potrebbe smontare – Trump ha rimproverato i senatori repubblicani accusandoli di dare troppo spazio alle dichiarazioni dei democratici ed invitandoli ad accelerare i tempi. Come ci spiega Alan Rozenshtein, docente di diritto all’Università di Minnesota negli Stati Uniti, è proprio questo accanimento ideologico ed elettorale sulla nomina di Barrett a rendere la vicenda potenzialmente esplosiva.


Professore, la nomina di un giudice consevatore come Amy Coney Barrett sarebbe in linea con la storia della Corte Suprema?

«La Corte suprema ha attraversato periodi in cui è stata un’istituzione abbastanza conservatrice e, in questo senso, la nomina sarebbe in linea con il passato. Ma in passato le nomine dei giudici della Corte Suprema non erano nomine ideologiche. Quindi l’idea che il presidente possa scegliere un giudice molto allineato con uno specifico programma politico è relativamente nuova. Però ecco, l’idea della Corte suprema come un’istituzione conservatrice non è nuova. La svolta liberale c’è stata soltanto a partire dagli anni ’60 -’70».

Prima della scomparsa di Ruth Bader Ginsburg la corte stava attraversando un periodo liberale?

«All’interno dell’ala conservatrice della corte ci sono alcune differenze significative. Ci sono alcuni giudici molto conservatori che sono disposti a perseguire le proprie idee, come i giudici Clarence Thomas e Samuel Alito, e altri giudici, come il giudice Brett Kavanaugh, che sono certamente conservatori, ma si preoccupano di più di preservare la legittimità istituzionale della Corte Suprema e sono disposti a preservare le regole del gioco. Negli ultimi anni il Chief Justice John Roberts talvolta si è schierato a fianco degli esponenti più liberali – come su alcune decisioni in materia di immigrazione – ma lo ha fatto sempre in ossequio allo stato di diritto».

Se la nomina dovesse essere confermata, quante possibilità ci sono che la Corte suprema non segua una linea conservatrice?

«Penso che i giudici della Corte suprema siano più prevedibili di quanto lo fossero in passato perché vengono selezionati in base a criteri ideologici. Eppure il Chief Justice Roberts e i giudici Gorsuch e Kavanaugh a volte sono sorprendenti, soprattutto su temi di altissimo profilo su cui il paese tendenzialmente ha posizioni più liberali. Il problema è che solo uno o due casi all’anno hanno una rilevanza politica tale per cui i giudici conservatori tendono a moderare le loro posizioni in linea con l’opinione pubblica. Ci sono molte decisioni davvero importanti che interessano solo i giuristi e in questi casi penso che ci sarà un numero molto elevato di decisioni conservatrici. Pertanto credo che tra cinque anni ci guarderemo indietro e ci accorgeremo che enormi pezzi di giurisprudenza si sono spostati drasticamente a destra senza che nessuno se ne sia reso conto».

Non è già successo negli ultimi quattro anni? Uno dei risultati di cui Trump va più fiero è di aver nominato circa 200 giudici federali.

«Si esattamente, la cosa che Trump è riuscito a fare in modo più efficace è stata nominare giudici conservatori, anche perché non è stato direttamente coinvolto. Il presidente non conosce la costituzione e non conosce bene la giurisprudenza anche se dice di avere “i giudici migliori”. Quindi ha affidato il compito al leader dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell, e a varie associazioni di giuristi conservatori, tra cui il Federal Society. Credo che probabilmente sarà questa la sua eredità più grande: aver spostato la giustizia a destra».

Quali sono le possibilità che la Corte Suprema cancelli o cambi in modo significativo la storica sentenza sull’aborto Roe vs. Wade?

«Molte persone pensano che sia già stato fatto a partire dagli anni ’90 con la famosa decisione nel caso Planned Parenthood vs Casey.
Da un punto di vista strategico, non credo che avrebbe molto senso per la Corte annullare Roe vs Wade perché causerebbe semplicemente un’enorme controversia politica. È molto più facile continuare a “svuotare” la sentenza senza cancellarla del tutto. Anche se alcuni giudici come Alito o Barrett hanno una visione “purista” della Costituzione, perché credono che debba essere interpretata in senso letterale, e pertanto sono portati a non prestare troppa attenzione al contesto nazionale, non sono convinto che Roberts o Kavanaugh farebbero altrettanto».

La tempistica della nomina e della conferma di Barrett hanno suscitato molto scalpore. Davvero si tratta di una nomina senza precedenti?

«Siamo in un terreno inesplorato. Di solito le nomine non si fanno a ridosso delle elezioni. Tuttavia, non posso dire di essere particolarmente sorpreso. I repubblicani probabilmente pensano che Trump perderà le elezioni e che si tratta dell’ultima possibilità per portare i “loro candidati” alla Corte suprema. Per quanto riguarda la tempistica della conferma di Barrett, è forse avvenuta più velocemente del solito. Non credo che impareremo molte cose in più durante le audizioni anche perché la strategia dei repubblicani è chiaramente quella di creare una maggioranza 6-3 molto conservatrice e non servono mesi di audizioni per accertare questo fatto. Però sarebbe importante far promettere a Barrett sotto giuramento che – se dovesse essere la Corte Suprema a decidere l’esito dell’elezione – lei rimarrebbe imparziale».

Dunque se non ci fosse un chiaro vincitore nelle presidenziali, la Corte suprema e quindi Barrett potrebbero svolgere un ruolo importante, proprio come avvenne nel 2000 tra Bush e Gore?

«Generalmente la Corte suprema non gioca alcun ruolo nelle elezioni. La costituzione prevede che in caso di una controversia sia la Camera dei rappresentanti a decretare il vincitore. Il caso di Bush vs. Gore è arrivato fino alla Corte suprema perché riguardava la legge della Florida, era una circostanza davvero unica. Qualcosa del genere dovrebbe accadere di nuovo – e in tal caso, chissà cosa potrebbe succedere. Detto questo, il fatto stesso che Donald Trump stia cercando di far passare una nomina perché pensa che la Corte suprema lo aiuterà in un’elezione è davvero inquietante».

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