Il direttore di terapia intensiva al Sacco: «In Lombardia la situazione è esplosiva. Ora l’ospedale in Fiera è fondamentale»

Il direttore della terapia intensiva del Sacco prevede un aumento di ricoveri a centinaia nelle prossime settimana. Milano la più a rischio: «I posti letti in Fiera saranno fondamentali»

Da poche decine di pazienti ricoverati per Covid-19 ad alcune centinaia. Una situazione che preoccupa il direttore della terapia intensiva dell’Ospedale Sacco di Milano, Emanuele Catena, che considera quella di Milano e della Lombardia una sorta di bomba di positivi pronta a esplodere. «A preoccuparci è l’andamento dei ricoveri» ha spiegato Catena. «Se immaginiamo di proiettare il trend attuale nelle prossime settimane, potremo trovare dalle attuali poche decine di pazienti ricoverati alle centinaia». Una situazione che lo scienziato continua a definire «potenzialmente esplosiva», anche in riferimento al numero evidentemente in crescita delle richieste di ospedalizzazione. «Tre giorni fa avevamo quattro ricoveri in più, poi ne abbiamo avuti otto e ieri ne abbiamo avuti undici» racconta. Nella complessa situazione epidemiologica della regione, Milano, secondo il professore, si colloca in cima alla lista delle preoccupazioni. «La città rischia molto», ha esordito Catena sull’argomento. «A differenza della prima ondata, dove in qualche modo era stata più o meno risparmiata, in questo momento Milano è da tenere sotto stretta osservazione».


Una prospettiva che inevitabilmente pone il problema della futura capacità assistenziale delle strutture sanitarie. Su questo Catena sembra non avere dubbi: «Se si dovessero verificare dei numeri molto allarmanti, gli ospedali non dovrebbero essere trasformati totalmente in ospedali Covid» ha dichiarato. L’invito è quello di disporre posti letto, in Fiera per esempio, «come scialuppa di salvataggio». Tornando poi alla condizione ricoveri, Catena conclude con un dato relativamente positivo: la riduzione della fascia d’età rispetto alla prima ondata è notevole, «qui al Sacco abbiamo ricoverato pazienti che vanno dai cinquanta ai sessant’anni», con una gravità diagnosticata molto inferiore rispetto ai mesi di marzo e aprile».


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