Coronavirus, Conte apre: «Possibile differenziare le misure anche a livello provinciale». Ma frena sulle modifiche ai criteri di valutazione

di Giada Giorgi

Anche il ministro Boccia chiarisce: «Fino al 3 dicembre i parametri per le zone rosse non sono in discussione. Vediamo se cambiano con il prossimo Dpcm»

Giuseppe Conte apre a restrizioni diverse all’interno delle varie Regioni, nell’ambito delle prossime misure anti-Covid. «È pensabile, differenziando all’interno di una Regione le aree più critiche da quelle con un livello inferiore e che non meritano una penalizzazione» con misure più restrittive, ha detto oggi il premier all’assemblea dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani). «Si può fare. C’è meccanismo nel Dpcm che consente sulla base di dati oggettivi, su richiesta del presidente della Regione, di farlo».



Alla richiesta di una modifica dei 21 indicatori alla base della suddivisione del Paese in fasce di rischio, Conte ha avvertito che si «dovrà tenere conto del pericolo di confusione che si rischia». L’idea è quella di prevedere due incontri settimanali con il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro e quello del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli durante i quali i due esperti possano spiegare alla popolazione in modo più chiaro i criteri alla base del monitoraggio e delle misure restrittive che stanno dividendo il Paese in più colori. Oltre a questo, nelle prossime ore «i presidenti di Regioni si incontreranno con Brusaferro per chiedere ancora delucidazioni sui 21 indicatori».

Indicatori descritti da Conte come frutto di studi approfonditi da parte degli istituti di ricerca italiani che hanno portato avanti l’analisi per mesi. Il pericolo della trasparenza, «che va comunque garantita», è secondo Conte quello di un dibattito scientifico che alimenterebbe nella popolazione una dannosa confusione. «Quando si diffondono i dati, subito scatta il dibattito sulla validità di quei parametri piuttosto che altri. La storia della scienza procede con posizioni differenti ma dobbiamo tenere presente che questo meccanismo può ora creare confusioni inutili».

«Io non dico se 21 indicatori sono giusti, ma parlare di 5 o 3 è un dibattito scientifico, non può dirlo un’autorità politica. Dovremmo fidarci degli scienziati», ha aggiunto Conte. «Vedremo se le richieste delle Regioni hanno una plausibilità scientifica, se si può migliorare il sistema di monitoraggio, però passare da 21 a 5 a 3 indicatori, o dire “io ne voglio 10“, “io ne voglio 8“, capite che non ha molto senso». Sulla questione è intervenuto anche il ministro per le Autonomie, Francesco Boccia: «Fino al 3 dicembre non è in discussione il cambiamento dei parametri. C’è un Dpcm in vigore fino a quella data e il confronto in corso (con le Regioni, ndr) servirà a prendere ulteriori decisioni in vista del Dpcm successivo».

Il nodo Ristori

Il premier ha poi rassicurato su una delle tematiche più urgenti sul piano territoriale, quella della ripresa economica. «Prendo l’impegno a valutare le agevolazioni sulla Tosap» ha fatto sapere Conte riguardo alla tassa per l’occupazione delle aree pubbliche. «Abbiamo stanziato circa 300 milioni per le agevolazioni nel 2020, l’impegno è quello di riprodurre la misura molto gradita ai ristoratori anche nel 2021». Una promessa che coinvolge il piano Ristori, altro punto messo sul tavolo dai sindaci. «Potremmo impegnarci ad inserire una norma ad hoc per consentire ai sindaci di anticipare le somme del piano Ristori e garantire da parte del governo una restituzione nel 2021».

Conte ha poi parlato del rischio che un allentamento delle misure per Natale possa portare a un aumento del contagio: «A Natale dobbiamo già predisporci a passare le festività in modo più sobrio: veglioni, festeggiamenti, baci e abbracci non è possibile – ha avvertito -. Al di là delle valutazioni scientifiche occorre buonsenso. Una settimana di socialità scatenata significherebbe pagare a gennaio un innalzamento brusco della curva, in termini di decessi, stress sulle terapie intensive. Non ce lo possiamo permettere».

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