Coronavirus, l’incognita AstraZeneca: i ritardi di autorizzazione potrebbero mettere a rischio il Piano vaccini italiano

di Giada Giorgi

La comunità scientifica ha chiesto di vedere più chiaro sulla sperimentazione in parte italiana di uno dei candidati vaccini nella fase più avanzata. Ma da questa azienda dipende buona parte del nostro piano vaccinale

Il Piano vaccini del governo è pronto e il ministro della Salute Roberto Speranza ieri 7 dicembre l’ha portato anche al cospetto delle Regioni, rese partecipi dei dettagli della campagna che le aspetterà nei prossimi mesi. La fine di gennaio sarà il periodo della partenza ufficiale per una vaccinazione gratuita e non obbligatoria che raggiungerà entro il 2021 circa 200 milioni di dosi somministrate in totale. Un numero, per ora, orientativo e prudenziale che dipenderà dalle effettive autorizzazioni che gli enti regolatori decideranno di concedere ai sei attuali candidati nella fase più avanzata di sperimentazione.


Astrazeneca, la ruota del carro più incerta

È proprio su quest’ultimo punto che il vaccino, in parte italiano, prodotto da AstraZeneca rischia di essere non solo l’ultima ruota del carro ma anche quella che rischia di rallentarne la velocità. I trial clinici del vaccino di Oxford, sperimentato e prodotto in parte anche dall’italiana Irbm di Pomezia, hanno attraversato non poche difficoltà. Il primo intoppo, risolto nel giro di pochi giorni, era avvenuto a causa di effetti collaterali ritenuti gravi su un volontario sottoposto a somministrazione. Un incidente di percorso tra i più prevedibili che, dopo appena tre giorni di stop agli inizi di settembre, aveva visto il comitato esterno incaricato di valutare le effettive responsabilità del candidato vaccino sui sintomi, dare nuovamente il via libera alla fase 3 interrotta.


I problemi però sono continuati. L’annuncio del 70% di efficacia diffuso lo scorso 23 di novembre è stato il risultato di un errore fortunato per cui un numero esiguo di partecipanti alla sperimentazione avrebbe ricevuto per sbaglio un quantitativo di vaccino inferiore a quello previsto, risultandone inaspettatamente più protetti. Un esito positivo per errore dunque che al momento ha portato la comunità scientifica a volerci vedere più chiaro. Presa di posizione accolta anche dalla stessa Astrazeneca che ha così dichiarato di voler effettuare ulteriori test di approfondimento.

Le conseguenze sul Piano

Il problema è che per l’Italia e il suo piano vaccinale quello non è un vaccino tra i tanti. Da AstraZeneca dipende quasi il 60% delle dosi previste per i primi tre mesi del 2021. Una percentuale tutto tranne che irrilevante quindi, che accostata al 30% delle prime dosi di Pfizer di gennaio, rappresenterebbe una parte fondamentale per la riuscita del programma nei tempi stabiliti. Ema per l’Europa e poi dall’Aifa per l’Italia, nella migliore delle ipotesi, chiederanno ulteriore documentazione allungando tutto il percorso di autorizzazione.

Come se non bastasse, il vaccino Pfizer è il più complicato da gestire: deve essere conservato e trasportato a –70° e dunque non potrà essere somministrato dalle Asl o dai medici di base. Inutile dire che il rispetto della tabella di marcia prevista potrebbe salvarci non solo dall’incubo Covid-19 in generale, ma riuscirebbe a rendere meno pericolose le imminenti nuove ondate di contagi che attraverso le statistiche disponibili, gli scienziati sono già in grado di prevedere.

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