Scuola e Covid, il ministro Bianchi: «Chiudiamo perché le varianti hanno modificato il quadro ma faremo tesoro della Dad»

Con l’arrivo del nuovo Dpcm si stima che torneranno in Dad almeno sei milioni di studenti. Intanto il governo pensa a come destinare ai progetti per la dispersione scolastica i fondi del Recovery Plan

Patrizio Bianchi è il ministro dell’Istruzione nominato da Mario Draghi. Ruolo mai semplice da gestire, tanto meno in tempi in cui l’apertura delle scuole è al centro del dibattito politico e scientifico. Soprattutto ora. Mentre sempre più province entrano in zona rossa, le ultime Bologna e Modena, le scuole medie e superiori ricominciano a chiudere in diverse regioni. Una misura necessaria secondo Bianchi: «Ci siamo trovati di fronte a un rapidissimo cambiamento della situazione epidemiologica. La variante inglese ha modificato radicalmente il quadro precedente: colpisce anche i ragazzi e non solo quelli tra i 10 e i 19 anni, ma anche più piccoli. Abbiamo chiesto un parametro chiaro. Il Cts ce lo ha dato: 250 casi ogni 100 mila abitanti. Abbiamo fatto delle scelte».


In un’intervista pubblicata sul quotidiano La Stampa e in un’altra rilasciata a Radio Rai 1, il ministro dell’Istruzione Bianchi ha spiegato che per portare a termine l’anno scolastico sarà importante lavorare sui singoli percorsi dei ragazzi: «In questo periodo le scuole non sono mai state chiuse: bisogna iniziare ad aggiungere, fare dei percorsi di sostegno dei singoli, non con tutti seduti al banco fino al 30 giugno ma con percorsi individuali. Gli insegnanti sono presenti fino al 30 giugno per tutte le attività della scuola. Si tratta di portare avanti questo lavoro, siamo solo a marzo, c’è tutto il tempo di verificare la perdita degli apprendimenti, i docenti stanno già facendo questo lavoro». Intanto con l’arrivo del nuovo Dpcm, in vigore dal 6 marzo, si stima che resteranno a casa 6 milioni di studenti.


Il dibattito sulle scuole chiuse

L’arrivo della terza ondata e la diffusione delle nuove varianti. Sono queste le paure che rimbalzano tra le pagine dei giornali, i corridoi di palazzo Chigi e quelli delle strutture scolastiche. In tutto questo ci sono esponenti del mondo politico che stanno spingendo molto sulla chiusura delle scuole, come Luca Zaia: «Chiudere le scuole non è un mio divertimento personale. È una forma di assembramento particolare con confinamento in un’aula per ore, e poi ci sono i mezzi di trasporto. Chi protesta per la chiusura delle scuole ha ragione da vendere, ma noi davanti a una tragedia come quella che stiamo vivendo dobbiamo essere obiettivi e scevri da condizionamenti ideologici».

Proprio per questo Bianchi sta puntando anche su un potenziamento della Didattica a distanza: «Bisogna usare tutti gli strumenti, avendo una visione dell’educazione. Questa idea di fare la lezione soli davanti al pc è stata superata, lo strumento può mettere in collegamento i ragazzi lontani tra loro. Bisogna allargare le nostre capacità. Dopo si tornerà in presenza facendo tesoro delle esperienze». Una didattica a distanza che per adesso riguarderà di nuovo i territori in zona rossa: «Si farà didattica a distanza nelle zone rosse o in quelle con situazioni epidemiologiche che richiedono maggiori restrizioni».

Le risorse del Recovery Plan e il concorso straordinario

Bianchi ha spiegato anche come verranno destinate alla scuola le risorse definite dal Recovery Plan. I fondi verranno usati soprattutto per limitare la dispersione scolastica: «Il punto cruciale del nostro Recovery Plan per l’Istruzione sarà la lotta contro la dispersione scolastica e la povertà educativa. Ci sarà un grande piano. La pandemia ha esasperato una situazione che era presente anche prima, ora abbiamo l’occasione per intervenire». Per quanto riguarda i docenti di ruolo invece, Bianchi ha chiarito che chi ha passato il concorso straordinario avrà la sua cattedra prima dell’ 1 settembre.

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