Belloni, Cartabia e Severino: le tre candidate per il Quirinale con Draghi, Amato e Casini

Vertice in nottata di centristi e Forza Italia: il nome è Casini. Oggi prima del voto riunione di maggioranza. Lunedì scade il mandato di Mattarella

Mentre Sergio Mattarella riceve 336 voti nella sesta votazione per il Quirinale, Matteo Salvini e Giuseppe Conte lavorano per «una presidente donna» e le candidate forti sono la dirigente del Dis Elisabetta Belloni, la ministra della Giustizia Marta Cartabia e l’ex guardasigilli Paola Severino. Ma sul tavolo restano anche le ipotesi Mario Draghi, Giuliano Amato e Pier Ferdinando Casini. Il vertice di centristi e Forza Italia che si è chiuso in nottata sceglie Casini. Mentre il Pd ha consegnato quattro nomi al centrodestra: Belloni, Severino, Amato e Casini. Stamattina si svolgerà un vertice di maggioranza e Antonio Tajani ha già promesso che Fi parteciperà.


Opzione donna

Se queste sono le condizioni di partenza, difficilmente si troverà la quadra per le 9,30, ora fissata per la settima votazione. La Stampa spiega oggi in un retroscena intitolato “Opzione Donna” che alla candidatura femminile non si è arrivati in modo lineare, anzi. «I nomi su cui si può ancora lavorare sono Pier Ferdinando Casini, Giuliano Amato, Elisabetta Belloni, Paola Severino, forse Marta Cartabia, ma anche Mario Draghi e Sergio Mattarella: non possiamo sottovalutare i segnali inviati in questi giorni dai parlamentari, stamattina perfino dal centrodestra», aveva detto in mattinata Enrico Letta ai suoi. Poi è arrivato Matteo Salvini. «Sto lavorando per una donna presidente», ha detto nel pomeriggio. E Giuseppe Conte ha fatto capire che ci fosse un accordo sul nome di Belloni, ex segretario generale della Farnesina e ora a capo dei servizi segreti. Con il benestare di Giorgia Meloni.


Subito sono insorti gli alleati. Nella maggioranza, in particolare Iv e i centristi sarebbero favorevoli all’ipotesi Cartabia, così come parte della Lega, mentre Salvini non si è mai espresso. Più difficile un sostegno da parte M5s, partito che ha criticato più volte i progetti di riforma della giustizia a sua firma. Severino è un nome uscito dal Pd. In serata è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio – che già in un colloquio con La Stampa aveva espresso le sue perplessità sul metodo – a rimarcare la sua posizione con parole inequivocabili: «Trovo indecoroso che sia stato buttato in pasto al dibattito pubblico un alto profilo come quello di Belloni. Senza un accordo condiviso. Lo avevo detto ieri: prima di bruciare nomi bisognava trovare l’accordo della maggioranza di governo. Tutto ciò, inoltre, dopo che oggi è stata esposta la seconda carica dello Stato. Così non va bene, non è il metodo giusto».

Il Colle dei veti incrociati

Da Beppe Grillo arriva invece un endorsement nei confronti della numero uno del Dis: «Benvenuta Signora Italia, ti aspettavamo da tempo», scrive sui social il garante M5S in un post, con tanto di hashtag #ElisabettaBelloni. Sull’altro lato della barricata c’è Draghi. Che attende un segnale e ha rinunciato al governo bis per provare una scalata che lo vede ancora in ritardo rispetto agli altri contendenti. Casini invece cresce negli apprezzamenti dei centristi e del Pd ma la Lega non lo voterà, come ha spiegato ieri Salvini alla Camera, perché è stato eletto nel centrosinistra. Rimane “l’ipotesi Amato”, in campo ogni volta che si parla del Quirinale. Ma intanto lunedì scade il mandato di Mattarella. Bisogna fare in fretta.

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