Di Maria alla Juventus: le 5 curiosità sull’argentino

L’argentino è un nuovo giocatore della Juventus. Scopriamo alcune curiosità sul Fideo che forse non tutti sanno

Angel Di Maria è arrivato a Torino per firmare il nuovo contratto con la Juventus. L’argentino arriva in Italia a 34 anni dopo le esperienze vincenti al Benfica, Real Madrid, Manchester United e PSG. I bianconeri saranno il quinto club europeo, sesto in totale se consideriamo ovviamente anche il Rosario Central in Argentina, dove l’argentino è cresciuto. Tante partite, tanti trofei e soprattutto una conoscenza di Di Maria che non ha bisogno di presentazioni tecniche. Per questo abbiamo voluto raccogliere le cinque curiosità meno conosciute dell’attaccante.


Soprannome El Fideo

Un soprannome divenuto famoso che caratterizza Di Maria fin dall’infanzia. Infatti gli fu dato ai tempi del Club Atlético El Torito, piccolo club argentino nella città di Rosario, la sua prima vera squadra di calcio da ragazzino. Lo spaghetto è la traduzione, e con la sua corporatura esile è facile capirne il motivo. L’amore per la palla quello c’è sempre stato, praticamente fin dalla culla.


Papà carbonaio

Una storia come tante, soprattutto in Sud America, figlie di un’infanzia semplice. La mamma quasi ogni giorno lo accompagnava in bicicletta agli allenamenti con il Rosario Central e una volta cresciuto, mentre era nelle giovanili, aiutava il padre a distribuire legna e carbone arrivando spesso agli allenamenti con le mani sporche e con qualche piccola ferita. Un ricordo che Di Maria non ha mai nascosto nelle sue interviste: «Se non fossi diventato un calciatore credo che avrei lavorato con mio papà, sarei stato un carbonaio. Perchè per studiare non ero portato, non mi piaceva granchè la scuola, sicuramente avrei aiutato lui».

I famosi 20 palloni

C’è una storia che non tutti sanno di Angel Di Maria e della sua prima cessione. Calcisticamente il bimbo Angel cresce nel Club Atlético El Torito, piccola squadra di Rosario. Ma fin da bambino la sua bravura non era passata inosservata dalle parti del Rosario Central, che per averlo nelle sue giovanili lo pagò con 20 palloni nuovi da donare al piccolo club. Un investimento irrisorio che poi fruttò molto di più al club argentino che nell’estate del 2005 lo vendette per 6 milioni di euro al Benfica.

Il legame con Maradona e Napoli

«Maradona è stato tutto per me. È stato come un secondo papà. Mi ha difeso quando nessuno mi difendeva», ha ricordato Di Maria poco dopo la scomparsa del Pibe de Oro. «Quando la stampa e i tifosi mi criticavano era sempre in prima linea a difendermi e continuava a schierarmi in campo per darmi la possibilità di dimostrare le mie qualità. Veniva in stanza tutte le sere per parlare con me, mi incitava e mi raccontava le storie di quando giocava a Napoli per caricarmi». 

La città di Rosario

Il legame con l’Argentina per Di Maria è viscerale. Ce lo ha tatuato sul corpo, e non perde occasione sui social di ricordare come l’Argentina sia la sua casa. Ma soprattutto Rosario, i suoi amici e il suo primo club, al quale ogni anno offre una donazione fondamentale per le casse societarie. E poi ogni trofeo vinto, dalla Francia alla Spagna, festeggiato con la bandiera in spalla e la scritta Rosario. Il club dove tornerà a fine carriera, come ammesso a più riprese anche nel corso della trattativa con la Juventus.

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