Incontro tra Letta e Calenda, fonti di Azione: «C’è un accordo per la coalizione con il Pd»

I due leader si sono incontrati oggi alla Camera. Al vertice erano presenti anche Benedetto della Vedova, Debora Serracchiani, Simona Malpezzi, Marco Meloni e Riccardo Magi

«Veniamo con spirito costruttivo». Con queste parole il leader di Azione Carlo Calenda si era avviato all’incontro con Enrico Letta (Pd) e Benedetto della Vedova (+Europa). I tre si sono riuniti oggi alla Camera, nel tentativo di «trovare un accordo sugli uninominali», terreno di scontro negli scorsi giorni che ha rischiato di far saltare l’alleanza. E l’accordo, alla fine, è arrivato: lo rendono noto fonti di Azione. Presenti anche le capigruppo di Camera e Senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, insieme al coordinatore della segreteria, Marco Meloni, per il Partito Democratico, e Riccardo Magi +Europa.


Le condizioni per l’alleanza

Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova avevano presentato a Letta un documento contenente le condizioni per l’alleanza. Nel testo venivano elencati i punti fondamentali che avrebbero dovuto essere garantiti nella coalizione in formazione: dall’impegno sui rigassificatori, passando per il tema del nucleare e dei termovalorizzatori, fino alla revisione del Reddito di cittadinanza, per citarne alcuni del «Patto repubblicano». 


Calenda aveva inoltre aggiunto: «Abbiamo chiesto due cose precise, non chiacchiere e appelli. Primo, non un voto di Azione e +Europa può andare a Di MaioBonelli e Fratoianni. Visto che il Pd ci tiene tanto a candidarli lo facesse nel proporzionale e nella lista Democratici e progressisti. Noi non candideremo negli uninominali Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, che pure sono ministre in carica del governo Draghi, proprio per trovare tutte le soluzioni che uniscono. Secondo, va bene avere programmi diversi. Ma non contraddittori. Chiediamo un incontro per definire i punti programmatici comuni».

Secondo l’Ansa quelle di Calenda erano condizioni talmente stringenti che dalle parti del Nazareno erano considerate come un ostacolo molto difficile da superare. Le indiscrezioni parlavano di una resistenza del Partito Democratico nei confronti di chi non aveva sostenuto il governo Draghi (Sinistra italiana e Verdi) e a chi lo aveva fatto cadere (M5s e ex M5s, ma anche Di Maio). Il Pd avrebbe manifestato una chiusura nei loro confronti nel maggioritario, con una tiepida apertura nel caso del proporzionale. Nel frattempo, Matteo Renzi e il suo partito avevano corteggiato Azione, sperando nella creazione di un Terzo Polo, tra una sinistra che «apre la campagna elettorale candidando Di Maio e parlando di tasse» e «la destra di Salvini e Meloni», composta da «sovranisti e populisti»

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