La Lega e lo slogan nazionalista per le Europee. Zanni: «Ritorno al pragmatismo. Salvini? Nessuno meglio di lui» – L’intervista

«Usciremo ridimensionati, ma la strada è quella giusta», assicura il presidente uscente di Identità e Democrazia

«Più Italia! Meno Europa». È lo slogan “manicheo” lanciato ieri dalla Lega di Matteo Salvini per la campagna elettorale in vista delle elezioni europee del prossimo 8-9 giugno. Con tanto di tricolore in bella vista accanto al faccione del leader. Un motto volutamente provocatorio contro la vulgata di tutte le forze politiche mainstream – non solo quella fondata da Emma Bonino – che individuano la soluzione ai grandi problemi del presente in uno slancio più o meno ambizioso di «più Europa». Ma davvero nei mesi in cui l’Europa sembra farsi piccola e spaurita di fronte alle due terribili guerre che dilaniano l’Ucraina e il Medio Oriente e in cui Usa e Cina gonfiano i muscoli delle loro imprese a suon di sussidi, come ha ricordato Mario Draghi, è pensabile fare retromarcia e tornare a fare da sé? Non è un suicidio tornare proprio ora alle piccole patrie? No, risponde convinto a Open Marco Zanni, eurodeputato della Lega tra i più vicini a Matteo Salvini, che lo ha voluto in questi anni alla guida di Identità e Democrazia, la famiglia politica delle destre sovraniste di cui fanno parte anche il Rassemblement National di Marine Le Pen e l’Alternative für Deutschland (Afd). «Non è un ritorno alle piccole patrie», traduce lo slogan Zanni, «ma un ritorno al pragmatismo e al realismo: si tratta di capire quel che l’Europa può e non può essere». Secondo l’eurodeputato, eletto per la prima volta al Parlamento europeo nel 2014 col Movimento 5 stelle, ma passato alla Lega nel 2018, «sono 30 anni a ogni crisi ci diciamo che dobbiamo rispondere delegando più sovranità, siamo andati sempre in quella direzione, decidendo ogni di fare più cose insieme. Ma è evidente che tutto ciò non ha funzionato». Se il progetto europeo è con evidenza un incompiuto, la soluzione insomma per la Lega che si presenta al voto d’inizio giugno è quella non di portare l’Italia fuori dall’Ue (nessuno lo propone più), ma certamente di riportare indietro pezzi di sovranità. E la competizione globale? L’assenza di sistemi integrati e di grandi campioni industriali – difesa, energia, tecnologia – in grado di assicurare l’agognata “autonomia strategica” dell’Unione dai concorrenti globali? «E chi lo dice che è per forza un problema di scala?», replica Zanni. «Chi l’ha detto che essere più grandi significhi automaticamente essere più efficienti? Se io oggi guardo ai Paesi più innovativi nel mondo trovo Paesi piccoli come Israele e Taiwan o medi come la Corea del Sud».


La strada in salita della Lega di Salvini

Zanni è impegnato a fondo nella campagna elettorale – lo deve al suo leader che gli ha chiesto di spingere soprattutto su questa narrazione “alternativa” delle priorità economiche e strategiche – ma non sarà della partita in prima persona. Nelle scorse settimane ha annunciato infatti che non sarà ricandidato per un seggio. Come mai il leader in Parlamento europeo dell’intera famiglia politica sovranista (quella di Id, da non confondere con l’Ecr guidato da Giorgia Meloni) fa un passo indietro? «Ragioni strettamente personali», spiega a Open: «Quello di eurodeputato, se fatto bene, è un lavoro molto logorante, che ti porta a viaggiare di continuo tra Bruxelles, Strasburgo e la circoscrizione, quella del Nord-ovest nel mio caso, e dopo due mandati avevo bisogno di recuperare una dimensione personale più “sostenibile”». Non è certo un addio alla politica però, il suo, né alla Lega di Matteo Salvini, nella quale, assicura, continuerà ad essere impegnato a pieno. Anche se i brusii dentro al partito dovessero trasformarsi in un processo esplicito al segretario in caso di frana alle elezioni: «Io sono entrato nella Lega nel 2018 per Matteo Salvini condividendo il suo progetto di Lega nazionale e di forte critica alle istituzioni europee quindi continuerò a lavorare in questa direzione. Non credo ci sia una leadership oggi migliore per la Lega di quella che può dare Matteo Salvini, siamo sulla strada giusta».


Marco Zanni con Marine Le Pen alla conferenza stampa di lancio del gruppo Identità e Democrazia nel 2019 (EPA/S. Lecocq)

In fondo a destra

Non si nasconde però Zanni che quello cui il Carroccio va incontro a passi da gigante è un ridimensionamento doloroso: la rappresentanza al Parlamento europeo potrebbe passare dagli attuali 22 deputati – portati a Strasburgo con lo storico exploit del 34,3% del 2019 – a 7-8 eletti. Nei sondaggi il partito è accreditato dell’8,6% dei voti, col rischio di scivolare addirittura terzo dentro alla coalizione di governo dietro Forza Italia. Meglio pensare allora, per Zanni, all’unico aspetto positivo in vista: il fatto che Identità e Democrazia nel suo complesso, con ogni probabilità, crescerà di peso e dimensioni, soprattuto grazie al previsto boom di Rassemblement National e Afd. «È chiaro che i pesi numerici cambieranno, ma nessuno, nemmeno Marine Le Pen, egemonizzerà Identità e Democrazia: il gruppo diventerà ancora più strutturato ed equilibrato», prevede il presidente uscente del gruppo. E cercherà di «far pesare i numeri importanti che avrà nel prossimo Europarlamento». Magari facendo concorrenza sul tema del sovranismo all’altro gruppo europeo delle destre, quell’Ecr guidato da Giorgia Meloni che potrebbe avvicinarsi, se non entrare esplicitamente, nella prossima maggioranza di governo Ue? Non è la strada che auspica Zanni. «In questa legislatura abbiamo lavorato a un gruppo comune, al Consiglio d’Europa ci siamo addirittura federati. Credo sia una cosa che abbia molto senso. La fusione dei due gruppi oggi non è sul tavolo, ma una cooperazione più stretta sicuramente. Lo vedremo fin da subito quando i nuovi eletti saranno chiamati a votare il prossimo presidente del Parlamento europeo e poi quello della Commissione». Se son rose, quelle che si scambieranno nei prossimi cinque anni Giorgia Meloni e Marine Le Pen, fioriranno, auspica dunque Zanni. Sperando non nascondano troppe spine.

Leggi anche: