Solidarietà per la prof sospesa a Palermo, 400 docenti scrivono al ministro: «La revoca della sospensione? Mai arrivata»

I docenti, nella lettera, hanno ribadito il proprio «dissenso per una simbolica intimidazione contro la libertà di insegnamento e contro il diritto di opinione»

Oltre il danno, la beffa. È quanto accaduto a Rosa Maria Dell’Aria, professoressa di italiano dell’istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, sospesa per due settimane con stipendio dimezzato con l’accusa di non aver vigilato sul lavoro di ricerca dei propri studenti che, in occasione della Giornata della Memoria, in un video, hanno accostato la promulgazione delle leggi razziali durante il Fascismo al decreto sicurezza del governo italiano.


Circa 400 docenti, di cui 127 universitari, hanno firmato una lettera indirizzata al ministro dell’Istruzione Marco Bussetti in cui viene sottolineata la richiesta di far piena luce sul procedimento disciplinare messo in atto contro la docente che, contrariamente a quanto dichiarato anche dal ministro Matteo Salvini dopo un incontro con l’insegnante, non sarebbe mai stato revocato in toto.


«Da quale violazione scaturisce, con quali modalità e da chi è stato attivato? – chiedono i docenti nella lettera indirizzata a Bussetti – In che misura esso ha garantito un confronto interno con l’insegnante e il direttore scolastico e rispettato i principi di proporzionalità e di cautela? Quale pericolo avrebbe giustificato l’intervento della Digos in un edificio scolastico?».

I professori sottolineano come la culpa in vigilando, di cui sarebbe stata accusata Rosa Maria Dell’Aria, riguardi unicamente la sorveglianza sull’incolumità fisica degli studenti e non tocchi il piano della didattica. «Ma anche se comprendesse aspetti didattici – aggiungono i docenti nella lettera – questo genere di controllo non appare possibile nel caso specifico di un elaborato autonomo degli studenti e non sarebbe congruo col ruolo di una insegnante». 

I docenti, infine, ribadiscono il proprio «dissenso per una simbolica intimidazione contro la libertà di insegnamento e contro il diritto di opinione», sottolineando come questi aspetti siano tutelati dalla Costituzione, e segnalano infine un rischio di «incompatibilità tra la libertà di insegnamento e il potere sanzionatorio discrezionale affidato ai dirigenti scolastici».

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