Ocean Viking, nuovo soccorso “critico”: ora sono 356 le persone a bordo

«Pochi minuti dopo la distribuzione dei giubbotti di salvataggio, è scoppiato il gommone facendo cadere tutti in acqua», raccontano dalle ong

La nave umanitaria battente bandiera norvegese operata dalla Ong Sos Mediterranée, in collaborazione con Medici senza frontiere, ha completato il suo quarto salvataggio in pochi giorni nel Mediterraneo centrale. La Ocean Viking ha ora un totale di 356 persone a bordo.


Un soccorso definito dalla ong su Twitter «critico» «Pochi minuti dopo la distribuzione dei giubbotti di salvataggio, è scoppiato il gommone facendo cadere tutti in acqua», raccontano. «Tutte le 105 persone sono ora al sicuro sulla Ocean Viking».


Immediato l’intervento di Matteo Salvini: «Più di 350 immigrati a bordo di una nave norvegese di una ong francese e quasi 160 a bordo di una nave spagnola di una ong spagnola (la Open Arms, ndr): ribadiamo l’assoluto divieto di ingresso di queste due navi straniere nelle acque italiane. Si aprano i porti di Francia, Spagna o Norvegia», dice attraverso il suo ufficio stampa.

Poche ore prima erano state soccorse altre 81 persone da un gommone: si sono andate ad aggiungere alle 170 salvate in due soccorsi precedenti operati dalla nave umanitaria.

Italia e Norvegia

Nel frattempo – e ancora una volta – si è alzato il livello dello scontro tra governo italiano (in crisi) e Ong impegnate nelle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Secondo fonti del Viminale, sabato 10 agosto è stato notificato all’Ocean Viking il divieto di ingresso, transito e sosta in acque italiane.

La Ocean Viking aveva già salvato 85 persone – tra loro anche quattro bambini – in acque internazionali a largo delle coste libiche venerdì scorso.

Il gommone in pericolo, spiegano le Ong, era stato individuato «da un aereo militare che pattugliava il mare nell’ambito dell’operazione europea EunavForMed e successivamente anche dalla Ocean Viking». L’operazione, durata due ore, «si è svolta in acque internazionali a 60 miglia nautiche dalle coste libiche».

Il salvataggio di venerdì scorso. Twitter/Sos Mediterranèe

Lo scontro col Viminale

La stesse fonti del Viminale hanno diffuso nei giorni scorsi il testo di una nota verbale protocollata il giorno prima, in cui il ministero degli Affari Esteri scrive all’ambasciata di Norvegia.

«Non può in alcun modo essere attribuita alle autorità italiane la responsabilità dell’individuazione del porto di sbarco dei naufraghi soccorsi dalla nave Ocean Viking e comunque l’ingresso nelle acque italiane sarebbe considerato pregiudizievole al buon ordine e alla sicurezza dello Stato».

Perciò – scrive alla Norvegia il governo italiano – alla Ocean Viking «è stato rifiutato l’accesso, il transito e la sosta nelle acque territoriali italiane». Un divieto che il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva anticipato fin da subito: «Ong francese, su nave con bandiera norvegese, carica 80 immigrati in acque libiche. Sono pronto a firmare il divieto di ingresso nelle acque italiane – diceva della Ocean Viking -. Al governo spagnolo abbiamo invece scritto di farsi carico dei 120 immigrati a bordo della Open Arms, Ong spagnola».

E perciò il ministero degli Affari esteri sollecita «le autorità della Norvegia, quale stato di bandiera, nell’esercizio dei suoi poteri sovrani sulla nave e sulle persone a bordo, a esercitare prontamente ed efficacemente ogni azione necessaria affinché sia individuato un porto sicuro di sbarco».

Nella lettera, la Farnesina scrive che le autorità italiane «non hanno ricevuto alcuna informazione sulle intenzioni del comando della nave, che ha riferito dell’operazione alle autorità libiche, a soccorso avvenuto e quasi contemporaneamente ala diffusione dell’informazione attraverso i social media».

Le autorità italiane e maltesi, si legge ancora, «sono state informate per conoscenza e non risultano comunicazioni alle autorità competenti per il soccorso tunisine o norvegesi».

La versione delle Ong

La Ocean Viking «era nell’area di ricerca e soccorso da circa 10 ore quando è arrivata la chiamata di allarme da Alarm Phone, che era in contatto diretto con i centri di coordinamento marittimo italiano e maltese», spiega in una nota Sam Turner, capomissione di Msf in Libia e in mare, nel raccontare il primo salvataggio effettuato dalla nave venerdì.

«Abbiamo pattugliato il mare tutta la notte e lanciato i gommoni di soccorso per trovare l’imbarcazione in difficoltà, ma senza successo. Poi, alle prime luci del giorno, un aereo militare ha avvistato il barcone».

«Se non li avessimo trovati stamattina poteva facilmente diventare l’ennesimo tragico naufragio», dice Turner.

La dinamica del salvataggio, secondo Msf e Sos, non coincide con la ricostruzione nella lettera inviata all’ambasciata norvegese. «Abbiamo più volte cercato di contattare il centro di coordinamento dei soccorsi libico da quando abbiamo ricevuto l’allarme, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta fino a ben dopo il soccorso. Solo allora ci hanno offerto di portare le persone in Libia, in violazione del diritto internazionale», dice il capomissione di Msf in Libia e in mare

«Un altro barcone in mare»

E ripete ancora una volta la posizione, immutata e immutabile, di chi si occupa di ricerca e soccorso in mare. «Non potremo mai riportare le persone in Libia. Lavoriamo nel paese, conosciamo gli orrori da cui queste persone fuggono e sappiamo che la situazione è così disperata che l’unica alternativa che sentono di avere per sopravvivere è attraversare il Mediterraneo», dice Turner.

Facebook/Sos Mediterranèe

Le circostanze «in cui abbiamo trovato questo barcone e la risposta delle autorità – siano libiche, italiane o europee – mostrano quanto la situazione in mare oggi sia confusa e quanto gli stati non stiano dando la priorità al loro dovere di salvare vite umane».

La Ocean Viking era rimasta quindi in area, a pattugliare, perché le prime persone soccorse avevano parlato di «un altro barcone che avrebbe lasciato la costa libica nello stesso momento. Tutte le informazioni sul soccorso sono state comunicate in tempo reale alle autorità maltesi e italiane, gli altri Centri di Coordinamento dei Soccorsi più vicini», dice il coordinatore di Medici senza frontiere.

In copertina Twitter/Sos Mediterranée

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