Il governo giallo-rosso verso la prova del fuoco in Parlamento: i numeri della maggioranza, dove rischia

Al Senato, la maggioranza del governo Pd-M5s è aggrappata al voto del gruppo misto e delle Autonomia

L’intesa giallo-rossa nasce dalla sicurezza che i parlamentari delle due forze politiche riusciranno, insieme, a raggiungere il quorum necessario per formare una maggioranza alla Camera e al Senato. Ma quali sono questi numeri? E cosa cambierebbe se si votasse e se la riforma che taglia il numero dei Parlamentari fosse in vigore?


Maggioranza aggrappata ai piccoli gruppi in Senato

Il numero minimo di parlamentari per formare una maggioranza al Senato è di 161. Attualmente sarebbero 170 a votare la fiducia al governo Conte-bis, trenta di più dei 140 che probabilmente si opporranno al nuovo esecutivo Pd-M5s. Nove voti più del quorum non sono un ampio margine, e i protagonisti di questa transizione contano e ricontano i nomi di chi li sosterrà.


Dei 170, la maggioranza è grillina: tutti i senatori M5s, tranne Gianluigi Paragone, pare appoggeranno il nuovo esecutivo Conte, arrivando a un totale di 106. Il Pd contribuirà probabilmente alla creazione della maggioranza con 51 voti, ma saranno decisivi i 10 del gruppo Misto (quattro di Leu, cinque di ex-Cinque Stelle e uno socialista) e i tre delle Autonomie. All’opposizione, Forza Italia (62), Lega (58) e Fratelli d’Italia (18). Le stime su Emma Bonino («Non voto nulla a scatola chiusa») e Südtiroler Volkspartei restano incerte.

Alla Camera il quorum necessario per creare una maggioranza è di 316 deputati e il sistema elettorale italiano fa sì che qui, ottenere il numero necessario di parlamentari sia più facile che al Senato. Il M5s ha 216 deputati, il PD 111 e Leu 14. La maggioranza giallo-rossa potrebbe quindi, se necessario, ottenere la fiducia anche senza i 27 voti del gruppo misto.

E se avessimo tagliato i parlamentari prima del voto?

La riforma voluta dal Movimento 5 Stelle che era inizialmente diventata anche la conditio sine qua non dei grillini prima per tornare alle urne e poi per un’intesa con il Pd ridurrebbe i seggi dei deputati di 230 poltrone (da 630 a 400) e quelli dei senatori di 115 (da 315 a 200). Zingaretti si è detto favorevole a far passare le poltrone di Montecitorio e Palazzo Madama da 945 a 600, ma cambiando anche la legge elettorale.

Se invece la riforma venisse attuata con il Rosatellum ancora in vigore, ridurrebbe inevitabilmente il peso delle minoranze, ha spiegato a Open Cesare Mirabelli, giurista ed ex presidente della Corte costituzionale, perché un numero inferiore di rappresentanti significa aumentare il numero di voti necessari a un parlamentare per essere eletto.

Il portale Youtrend ha poi effettuato una stima dell’impatto della riforma sulle poltrone in caso di ritorno alle urne sotto Rosatellum basandosi sui sondaggi più recenti. Di fatto, a fare la differenza sarebbero le scelte di Matteo Salvini: presentarsi da solo, con una coalizione di centro-destra o insieme solamente a Fratelli d’Italia.

Nel primo caso, la Lega da sola otterrebbe 184 deputati e 87 senatori, non abbastanza per governare sola ma sufficienti per rendersi indispensabile a qualsiasi coalizione di governo. Nel secondo, una coalizione di centrodestra otterrebbe una maggioranza schiacciante (260 deputati e e 129 senatori) ma non quella dei due terzi, necessaria per varare riforme costituzionali.

L’ultima delle ipotesi elaborata da Youtrend mostra che la Lega non avrebbe bisogno di Forza Italia, in caso di nuove elezioni: solo con il partito di Giorgia Meloni riuscirebbe ad ottenere una maggioranza, con 110 senatori e 222 deputati.

Leggi anche: