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Coronavirus, la Sanità italiana paga anche la carenza di medici specialisti – L’intervista a un “camice grigio”

25 Marzo 2020 - 06:32 Juanne Pili
L'Associazione Giovani medici per l'Italia aveva lanciato l'allarme da tempo, forse adesso è troppo tardi

La crisi che si trovano ad affrontare le strutture sanitarie in Italia per la pandemia di Coronavirus è sempre più critica. Malgrado le misure di contenimento prese e l’impegno dei medici e infermieri impegnati nelle terapie intensive, vi è un problema strutturale, fatto di attrezzature mediche limitate. Ma stiamo pagando anche la carenza di medici specialisti. L’associazione I Giovani medici d’Italia aveva già denunciato, prima dell’emergenza, l’imbuto formativo creatosi nel nostro Paese, rappresentato dalle borse di studio insufficienti.

Borse che permetterebbero ai medici neolaureati di specializzarsi, diventando quelle figure competenti di cui oggi abbiamo disperato bisogno. Oggi l’Organizzazione torna a denunciare la mancata lungimiranza delle Istituzioni, con due lettere, una inviata alle redazioni dei giornali, l’altra al presidente del Consiglio, sottoscritta anche da altre organizzazioni di medici e studenti.

«Lo Stato cerca carne da cannone da mandare al fronte, senza una formazione adeguata»

Oggi l’Associazione torna a denunciare la mancata lungimiranza delle Istituzioni, con la speranza che la crisi attuale possa cambiare la situazione. Basterebbe aumentare le borse previste per i prossimi test di accesso alle specialistiche, come spiega a Open Antonio Cucinella, membro del direttivo dei Giovani Medici per l’Italia e «camice grigio». «Avevamo già denunciato la situazione in cui versa il sistema sanitario nazionale – spiega Cucinella – dove mancano i medici specialisti. Avevamo detto che si sarebbe andati incontro a una situazione emergenziale. Purtroppo la realtà ci ha dato presto ragione». 

«La situazione ora è ancora più grave. Succede che il governo per avere medici nel breve termine, abbia abolito i test scritti di abilitazione: è una cosa giustissima; noi chiedevamo anche la laurea abilitante, ma non in questa maniera. Così sembra che lo Stato cerchi semplicemente carne da cannone da mandare al fronte, senza una formazione adeguata». «Oltretutto, abolendo i test scritti d’abilitazione, ai test d’ammissione alle specialistiche quest’anno (a meno che non slitti), ci saranno circa 22mila medici che si contenderanno, allo stato attuale fra gli ottomila e i novemila posti. Questo significa che più di diecimila medici rimarranno a spasso».

Il solito imbuto formativo tra laureati e specialisti

«In questo momento il Paese ha bisogno più che mai di tanti anestesisti e rianimatori. Queste figure professionali mancano. Il reale problema è che, quando l’emergenza sarà passata, con nuovi medici specialisti che andranno in pensione, e l’impossibilità di assumerne nuovi in quanto semplicemente mancheranno, accadrà che in una nuova situazione emergenziale, il sistema sanitario nazionale non sarà in grado di rispondere, in quanto la stessa normalità rappresenterà un’emergenza», continua Cucinella.

«In questi giorni abbiamo ripreso a mandare mail a raffica, non più a parlamentari e ministri, perché ci rendiamo conto che sono già impegnati per via della crisi sanitaria, ma alle redazioni dei giornali. Oltretutto, assieme ad altre associazioni, abbiamo redatto un appello in cui chiediamo al governo – nelle figure del premier Giuseppe Conte e del ministro Gaetano Manfredi (Istruzione, Università e Ricerca) – di aggiungere ulteriori cinquemila borse, altrimenti si andrà incontro a una situazione molto grave, in un futuro ormai non troppo distante».

Si pensa sempre alle soluzioni immediate (tanti medici pensionati richiamati per l’emergenza), manca invece uno sguardo più ampio, proiettato verso il futuro. «Qui si prendono decisioni nel brevissimo periodo – conferma Cucinella – al medio e lungo termine non pensa nessuno. Oltretutto, considerando che l’economia globale – e quella nazionale in particolare – inevitabilmente passata l’emergenza, conosceranno un periodo di crisi, se non si mettono a disposizione ora che sono disponibili i fondi per queste nuove borse, in grado di formare nuovi specialisti, in futuro sarà difficile farlo, mancando i fondi, metterci una pezza sarà di fatto impossibile, perché i camici grigi attuali fuggono già all’estero, ogni anno almeno mille se ne vanno».

Così i giovani medici fuggono, a vantaggio della Sanità degli altri

In compenso stanno lanciando appelli patriottici ai medici italiani all’estero, affinché tornino per dare una mano. «Questo è assurdo – continua Cucinella – perché molti di questi hanno dei contratti che li obbligano a rimanere nell’Azienda ospedaliera in cui lavorano». «Oltretutto anche all’estero stanno conoscendo questa pandemia. Quindi i medici devono decidere tra il tornare nello Stato che li ha costretti a scappare, o rimanere in quello che gli ha dato una possibilità e dove hanno costruito una nuova vita».

C’è il rischio che passi quindi un’immagine sbagliata dei medici che rimangono all’estero. «Quelli che decidono di non rientrare – prosegue Cucinella – anche se non hanno obblighi contrattuali, non possono essere biasimati. Anche io ho pensato di andarmene. Non ci viene garantito un futuro». Da parte del governo avete mai ricevuto delle risposte? «Siamo in contatto con diversi parlamentari che provano a sostenerci, ma attualmente da parte del governo non abbiamo ricevuto alcuna risposta – conclude Cucinella – Abbiamo chiesto più volte un incontro col ministro Manfredi, ma fino a oggi non ci ha mai risposto».

Il parere degli esperti

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