Coronavirus, c’è un primo vaccino-cerotto negli Stati Uniti: «Sui topi ha funzionato, entro un mese i test sull’uomo»

Chiamato ‘PittCoVacc’, «è una specie di cerotto con 400 microaghi che non entrano profondamente nella pelle e in 2-3 minuti si sciolgono, senza dolore e senza sanguinamento»

Un vaccino, pronto prima di quanto si pensasse e che parla italiano, contro il Coronavirus. L’annuncio è stato dato oggi dai ricercatori della University of Pittsburgh School of Medicine. A coordinarli c’è un italiano, Andrea Gambotto, insieme a Louis Falo. La sperimentazione sui topi ha dato buoni risultati – gli animali vaccinati producono anticorpi specifici contro il virus – ha confermato all’Ansa Andrea Gambotto. I primi risultati sono stati riportati sulla rivista EBiomedicine (Lancet): il vaccino-cerotto rilascia il principio attivo nella pelle, sarebbe semplice da usare e non costoso. Non solo: entro appena un mese potrebbe entrare nei test clinici di fase I sugli esseri umani.


Chiamato ‘PittCoVacc’, «è una specie di cerotto con 400 microaghi che non entrano profondamente nella pelle e in 2-3 minuti si sciolgono, senza dolore e senza sanguinamento», dice Gambotto: così rilasciano l’antigene che scatena la risposta immunitaria, la subunità “S1” della proteina virale “spike”. «La possibilità che questo vaccino protegga dal virus SARS-CoV-2 è
alta. Ora stiamo verificando la capacità di neutralizzare il virus su cellule umane in provetta usando gli anticorpi isolati dai topi vaccinati».


Il nuovo vaccino è stato sottoposto dagli autori all’esame al vaglio dell’ente statunitense per i farmaci, la Food and Drug Administration: se la FDA lo autorizzerà, la prima sperimentazione su pazienti potrebbe iniziare già entro un mese. «Crediamo che i test sulle scimmie non siano necessari: altri vaccini sono entrati in sperimentazione clinica senza alcun test animale», dice ancora Gambotto.

«Speriamo di fare la fase I della sperimentazione in brevissimo tempo: un trial di 6-8 settimane fornirà le prime indicazioni di efficacia; quando si tratta di un vaccino già pochi volontari bastano per vedere se c’è una risposta immunitaria, basta un prelievo di sangue». E ancora: «Se tra 2-3 mesi abbiamo dati sufficienti e la situazione rimane pandemica come ora, possiamo muoverci subito all’uso del vaccino. La nostra vision è di inserirlo insieme al vaccino dell’influenza stagionale».

«La nostra capacità di sviluppare rapidamente questo vaccino è il risultato della collaborazione tra scienziati con competenze in diverse aree di ricerca che lavorano con un obiettivo comune», aggiunge Louis Falo, M.D., Ph.D., coautore senior e professore e direttore del Dipartimento di dermatologia della Facoltà di Medicina dell’Università di Pittsburgh e UPMC. 

In copertina EPA/UPMC | Un’immagine diffusa allo University of Pittsburgh Medical Center (UPMC) a Pittsburgh, Pennsylvania, USA.

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