Coronavirus, «Mia madre Maria, con una grave polmonite, dimessa dall’ospedale di Enna senza tampone e morta dopo poche ore» – Il racconto

La vicenda

 Un fascicolo aperto alla procura di Enna per epidemia colposa. L’ospedale della città che dimette in piena emergenza pazienti con sintomi da sospetta infezione di Coronavirus. E Chiara, la figlia di una degente di quella struttura, che ascolta al telefono per l’ultima volta sua madre con la voce rotta dal respiro corto. È una delle storie dell’emergenza sanitaria italiana, una storia di responsabilità da chiarire e risvolti epidemiologici.


«Sono riuscita a sentirla l’ultima volta alle 18:30 del sabato 21 marzo. Non ce la faceva a parlare, la voce era strozzata dal respiro corto. Non potrò mai perdonarmelo, è morta sola e abbandonata». Deve riprendere il fiato tra le lacrime, Chiara Maddalena.


«Mia madre soffriva di fibrosi polmonare ed era seguita dal Policlinico di Catania così, appena ho saputo che stava male ed era stata portata dal 118 all’ospedale di Enna, la notte tra il 7 e l’8 marzo, sono partita da Genova per starle più vicino possibile. Ovviamente, appena arrivata, ho seguito l’ordinanza e mi sono messa in quarantena. Mi sono chiusa in una struttura alberghiera vicina all’ospedale. Avevo solo il telefono, sia per il contatto diretto con mia madre, sia per parlare con i medici».

«Il tampone non serve»

Alla donna, Maria Di Gregorio, 75 anni, arrivata all’ospedale Umberto I di Enna nella notte tra il 7 e l’8 marzo, viene riscontrata una polmonite con presenza di liquido. Nonostante le insistenze della figlia, alla donna non viene fatto il tampone perché a detta dei medici «non c’erano le condizioni. Ho mandato al reparto di Medicina Interna dell’Umberto I tutto quello che poteva servire per il quadro clinico di mia madre. Nei giorni successivi sono rimasta in costante dialogo con i medici del reparto. E mia madre, con una qualche cura che non è mi è stata mai comunicata, si è stabilizzata per qualche giorno. Ma, nonostante il decreto della presidenza del consiglio ( siamo nella settimana del 9 marzo) mia madre mi riferiva che continuavano a entrare e uscire familiari di altri degenti del reparto, senza alcuna protezione o mascherina- cosa che ho più volte segnalato ai medici con i quali ero in contatto. Mi è stato sempre risposto che “funzionava così». 

La stanza di Maria è condivisa con un’altra paziente e il bagno è comune anche all’altra stanza di degenza. È Maria a descrivere a sua figlia, quello che vede. Chiara chiede ogni giorno di farle il tampone. Che all’ospedale di Enna  non arriverà mai, mentre ad arrivare è una tosse secca e severe difficoltà respiratorie. «Ho dovuto accorgermi io che aveva avuto un netto peggioramento- continua il racconto di Chiara- Mi risulta che solo a partire da quel giorno ( giovedì 19 Marzo) parenti e conoscenti furono allontanati dal reparto. Quella stessa sera mi comunicano dall’ospedale, che, per le direttive vigenti e ordini superiori, mia madre doveva essere dimessa la mattina dopo. Io non potevo uscire dalla quarantena (che sarebbe terminata il lunedì successivo) e mia madre non era in grado di tornare a casa da sola. Ho insistito affinché potessero tenerla in ospedale (anche perché sapevo che l’ospedale di Enna aveva dei posti di terapia intensiva) ma la risposta è stata perentoria: dovevano svuotare il reparto. L’unica soluzione che individuarono per mia madre e altri che avevano fatto la stessa richiesta, era il trasferimento all’ospedale di Piazza Armerina. Ma quell’ospedale non aveva terapia intensiva e non era attrezzato per ospitare pazienti Covid. Fu trasferita la sera del venerdì alle 19:30. Questo dopo che per tutta la giornata non gli era stata somministrata alcuna cura e le sue condizioni erano peggiorate di molto. Mia madre non fece cena prima di essere trasferita e non ebbe un pasto neppure arrivata all’altro ospedale. Dalla sua voce sentivo sconforto e paura di quanto le stava succedendo». 

Lo strano trasferimento

Il reparto dell’ospedale di Enna viene svuotato dei pazienti il venerdì 20 marzo e successivamente sanificato. Ma nelle settimane precedenti  nessuna reale precauzione è stata adottata, secondo quanto riferisce la testimone. E, sempre secondo quanto racconta, pazienti e persone che in quel reparto hanno girato, sono poi risultati positivi e alcuni di essi, anche tra i dimessi, sono poi morti in circostanze riconducibili a infezione da Covid19. L’ombra di un focolaio di Coronavirus non ha fermato la necessità di riconvertire il reparto. Senza alcun tampone e in piena emergenza, i pazienti tornano a casa propria o vengono trasferiti alla struttura di Piazza Armerina

«Il resto è solo agonia e calvario- chiude il suo racconto Chiara- All’ospedale di Piazza Armerina si accorgono che mia madre è grave, la isolano e finalmente le fanno il tampone. Mia madre e’ poco assistita, rimane per ore con il pannolone sporco, abbandonata a se stessa. La sento per l’ultima volta il sabato alle 18:30 è in forte stress respiratorio. Alle 20:00 mi comunicano il decesso. Al lunedì successivo, ho i risultati del tampone effettuato solo dopo l’ingresso all’ospedale di Pizza Armerina: mia madre era positiva al Covid». Secondo quanto riportano altre testimonianze, agli inizi di marzo l’ospedale di Enna, nel reparto di cardiologia, era stato già interessato da alcuni contagi sospetti da Coronavirus. Le dimissioni del 20 marzo hanno poi avuto riscontri di diverse positività accertate con tampone, tra i degenti. Secondo quanto ancora riporta la testimonianza/ denuncia di Chiara Maddalena, non è mai stato allestito un Covid Center al posto del reparto di medicina. 

L’inchiesta

La procura di Enna ha aperto un fascicolo per epidemia colposa legata alla negligenza della condotta dell’ospedale per la morte della donna. Ad oggi, Enna è una delle città siciliane con più alto numero di positivi rispetto a estensione territoriale e popolazione (ultimi dati: 212 positivi, 123 ricoverati, 1 guarito, 11 deceduti). Questi dati comprendono la signora Maria Di Gregorio, che per la figlia Chiara è tutt’altro che un numero, ma un affetto perso. «Oggi inizio una battaglia, perché avevo promesso alla mamma che l’avrei protetta. Ho il grande senso di colpa di non aver potuto farlo». 

La replica

Abbiamo raggiunto al telefono il direttore sanitario dell’Asp Enna Emanuele Cassarà che ci ha detto: «Non ci risulta una carenza di assistenza per la signora, aveva delle patologie pregresse importanti e riteniamo di aver sempre informato adeguatamente la figlia sulla degenza e l’andamento della sua salute e non abbiamo ritenuto opportuno fare il tampone. Smentiamo di non esserci attenuti nelle settimane oggetto di denuncia  ai provvedimenti del decreto: la direzione ha subito dato indicazioni precise e contingentato le visite dei parenti in reparto. Se vi è stata carenza di vigilanza, sarà sicuramente attenzionata e accertata. Infine smentisco vi sia stato un focolaio all’interno di cardiologia, vi è stato soltanto un caso totalmente isolato. Nel nostro ospedale, ad oggi, registriamo un solo caso, che è quello di un’infermiera che ora è a casa e ci risulta guarita. Assicuriamo alla procura la massima collaborazione affinché si raggiunga la verità dei fatti che sta a cuore anche a noi». 

In copertina: Ansa, foto di repertorio

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