Coronavirus, la storia di Maicol, 30 anni. Tra bollette, affitti e fornitori da pagare: «Non so se riuscirò a riaprire il mio bar» – Il video

«Con i 600 euro dell’Inps, che non mi sono ancora arrivati, pagherò a malapena due bollette». I risparmi si stanno esaurendo per le spese fisse «e il pensiero di chiudere definitivamente il bar non è così remoto»

Dopo aver girato il mondo e lavorato come bartender in Australia, Nuova Zelanda e Spagna, Maicol Tedeschi ha deciso di tornare a casa per avviare una propria attività. «Ho aperto il Top Gun, un cocktail bar, a Gualtieri in provincia di Reggio Emilia». Era il 19 ottobre 2018. «Ricordo ancora la gioia di restituire alla mia comunità il know-how appreso all’estero». Ha dato fondo ai suoi risparmi per ristrutturare e pagare l’affitto del locale: «Le spese in partenza erano tante, ho dovuto chiedere un prestito».


Un prestito che, ancora oggi, grava sulle spalle del trentenne. Così come l’affitto del locale, i fornitori, le bollette: «Sto facendo più fatica del solito. Se questa situazione continuasse fino a giugno, probabilmente non riuscirei a riaprire», dice, parlando del lockdown causato dal Coronavirus. I soldi guadagnati consegnando cocktail a domicilio, l’unico introito rimasto, non sono sufficienti ad andare avanti: «Le spese fisse sono rimaste quasi le stesse. Con i 600 euro dell’Inps, che non mi sono ancora arrivati, pagherò due bollette. Fine».


A parte il servizio a domicilio, con il quale Maicol riesce, «quando va bene», a guadagnare poche decine di euro a giornata, tutti i ricavi del Top Gun sono stati azzerati dall’emergenza. Le tre dipendenti sono state messe in cassa integrazione: tra loro c’è Marìa Fernàndez, la fidanzata di Maicol originaria di Almerìa, in Spagna.

Marìa, due anni fa, ha deciso di aiutare il compagno in questa avventura: ha lasciato il lavoro, la famiglia, e si è trasferita in provincia di Reggio Emilia per vivere e lavorare con lui. «Vista la situazione – dice sconfortata -, non so se apriremo mai più. Da qualche giorno stiamo pensando seriamente di chiudere tutto e trasferirci in Spagna: lì è più facile ricominciare da zero».

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