Coronavirus. Se il virus SARS-CoV2 si indebolisce significa che è artificiale come ha detto Zaia? No!

Ecco perché, anche se il virus del Covid-19 si indebolisse velocemente, questo non implicherebbe una origine artificiale

Secondo recenti affermazioni del governatore del Veneto Luca Zaia un indebolimento del nuovo Coronavirus indicherebbe che è stato prodotto artificialmente:

«Dico una cosa che farà arrabbiare qualcuno – esordisce il Governatore – se il virus perde forza vuol dire che è artificiale. Un virus non perde forza con questa velocità, se perde forza allora probabilmente potrebbe essere di natura artificiale. Si è scritto tanto di questo virus, se se ne va tanto velocemente secondo me c’è qualcosa di mezzo di artificiale».

Si tratta degli stessi dubbi espressi dal presidente americano Donald Trump, dimostratosi già piuttosto imprudente nel fare dichiarazioni sulla pandemia. Incalzato dai giornalisti Zaia ha poi corretto il tiro:

«Solo gli scienziati possono sequenziare il virus, vederne il dna, capire se risulta essere un ‘taglia e cuci’, avere frammenti di altri virus, oppure essere ‘autentico’ – continua Zaia – Il nostro mestiere è occuparci della salute dei cittadini, che non prescinde dal fatto che informazioni come questa darebbero risposte a molti quesiti di natura anche clinica».

Ma il virus si sta indebolendo davvero?

Al momento non sembrano esserci abbastanza evidenze in merito, come spiegato al Corriere dal responsabile del laboratorio di microbiologia dell’istituto Lazzaro Spallanzani Antonio Di Caro:

«Non sono state osservate mutazioni significative collegabili a differenza di patogenicità, vale a dire capacità di aggredire, e di trasmissione».

L’indebolimento veloce indica ch’è artificiale?

No. I virus non possono moltiplicarsi autonomamente e necessitano di penetrare in cellule ospiti per poterlo fare. Non hanno enzimi efficaci nel correggere gli errori durante la duplicazione del loro codice genetico, questo li rende estremamente mutevoli.

Può capitare – il pericolo è noto da decenni – che una di queste mutazioni riguardi la glicoproteina che serve al virus per infettare le cellule, «vincendo» lo spillover (il salto) dall’animale all’uomo.

L’evoluzione fa il resto. Un patogeno non ha particolari vantaggi nell’uccidere tutti gli ospiti che incontra, mentre le stesse misure di contenimento e trattamento della malattia possono determinare un maggior vantaggio nel dare luogo a patologie meno gravi. Questa è la ragione per cui il virus H1N1 dell’influenza suina è ormai parte di quelli che causano l’influenza stagionale.

L’origine zoonotica spiega il comportamento del virus

Il SARS-CoV2 come tutti i Coronavirus è inoltre di origine zoonotica, questo fa sì che possa anche nascondersi nuovamente in ospiti animali prima di riemergere nell’uomo, ed è una delle ragioni per cui si temono nuove ondate. Secondo alcune stime queste potrebbero protrarsi fino al 2024. Il Coronavirus della Sars a un certo punto scomparve, così come quello dell’influenza spagnola; entrambi ebbero origine zoonotica. 

Esistono anche patogeni non zoonotici, come il Variola virus del Vaiolo o quello della poliomielite; il fatto che fossero specializzati per colpire solo gli umani non gli ha permesso di «nascondersi», venendo di fatto debellati attraverso i vaccini.

Per il nuovo Coronavirus non siamo nemmeno del tutto certi che porti allo sviluppo di anticorpi efficaci in tutti i pazienti. Su questo argomento comunque, ci sono novità nella Ricerca che fanno ben sperare, come evidenziato in un recente post su Facebook del virologo Guido Silvestri, professore alla Emory University.

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Gepostet von Guido Silvestri am Sonntag, 10. Mai 2020

L’origine naturale è accertata dallo studio dei ceppi, isolati in diverse parti del Mondo. L’originalità del suo genoma rispetto a quelli dei virus studiati nei laboratori è fuori discussione.

La possibilità che il salto animale-uomo sia avvenuto in un laboratorio, tramite il contagio da un pipistrello in cattività – oltre a essere indimostrabile – cozza anche col fatto che lo spillover dai pipistrelli agli esseri umani necessita almeno di un ospite intermedio, che funge da «amplificatore»; in questo caso il principale indiziato è il pangolino.

Il caso del virus Hendra

Un esempio classico è quello del virus Hendra che saltò dai pipistrelli all’uomo mediante i cavalli degli ippodromi della omonima città australiana. 

Quando i ricercatori capirono che un gruppo di pipistrelli erano i portatori del ceppo originale, si accorsero che nessuno dei colleghi che lavoravano a stretto contatto con gli animali risultava positivo.

Consigliamo la lettura di due testi fondamentali per capire e approfondire meglio l’argomento (specialmente se di mestiere fate i presidenti di Regione):

  • Virus, la grande sfida, di Roberto Burioni e Pier Luigi Lopalco (Rizzoli, 2020);
  • Spillover, di David Quammen (Adelphi, 2014).

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