Recovery Fund, settimana decisiva per l’Europa. Michel: «Sia da 750 mld». E stasera Conte incontra il leader dei “frugali” Rutte

La proposta del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è di mantenere intatta l’entità del Recovery Fund, così come proposto dalla Commissione

Nord e Sud Europa sono, forse, alla resa dei conti finale sul Recovery Fund. Ma le distanze però restano. E il lieto fine per i Paesi del Sud è tutt’altro che scontato. Il colpo di scena di ieri, con l’elezione alla presidenza dell’Eurogruppo dell’irlandese Paschal Donohoe (considerato più neutrale sul Recovery Fund), sostenuto da una fronda di Paesi del Nord, tra cui Olanda, Danimarca, Finlandia, Svezia e i Paesi baltici, dimostra come la partita sia tutt’altro che definita. Battuta la favorita Nadia Calviño, ma soprattutto battuti i suoi “grandi” sostenitori: Italia, Germania, Francia e Spagna. Dal Consiglio europeo straordinario del 17-18 luglio, che si terrà in presenza a Bruxelles, potrebbe finalmente arrivare un accordo definitivo sul piano di aiuti comunitario per sostenere la ripresa delle economie europee duramente provate dalla pandemia di Coronavirus. A quattro mesi dall’inizio dell’emergenza ancora si tratta e, mentre si delineano scenari economici spaventosi per l’Eurozona, appare ormai chiaro come non si possa più procedere alla velocità del bradipo. Occorre agire.


Il Sud Europa alla resa dei conti con i Paesi “frugali”

Fin dall’inizio dell’emergenza l’Italia è stata in prima linea nella richiesta di strumenti solidali che, attraverso una condivisione del debito, potessero essere impiegati per far fronte all’emergenza Coronavirus. Alla fine dello scorso marzo si era parlato, a questo proposito, di “Coronabond” altro non erano che una riedizione degli “Eurobond” proposti nel 2011, al tempo della crisi dei debiti sovrani, dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Apriti cielo. L’idea di una – seppur parziale e limitata solo all’emergenza sanitaria – condivisione del debito (ovviamente non retroattiva), ha subito suscitato la reazione ostile dei Paesi del Nord Europa, Olanda in primis, seguita da Austria, Svezia e Danimarca. Questi Paesi, definiti “frugali”, altro non sono che una riedizione (più imbufalita) di quei “falchi” che si opponevano agli Eurobond nel 2011 e sostenevano l’austerità come via maestra per uscire dalla crisi. Con risultati quantomeno discutibili. Oggi quindi sono loro i nuovi avversari del Sud Europa, a fronte invece di un ammorbidimento della Germania di Angela Merkel.


Stasera faccia a faccia Conte-Rutte

E alla testa di questi Paesi “frugali” c’è lui, il premier olandese Mark Rutte, che degli aiuti a fondo perduto contenuti nel piano proposto dalla Commissione europea (e che saranno sul tavolo del Consiglio la settimana prossima) proprio non vuol sentire parlare. La via che indica è fatta di prestiti e riforme, di che tipo non è dato sapere ma presumibilmente di stampo neoliberista. Pozioni “miracolose” già viste in tempi di crisi. E proprio stasera, a L’Aja, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte incontrerà prima di cena il “frugale” Rutte, nel tentativo di ammorbidire l’oltranzismo dell’omologo olandese. «Dirò al premier olandese Mark Rutte che occorre fare in fretta, serve una risposta tempestiva o altrimenti sarà inefficace e rischiamo tutti, anche l’Olanda», ha detto Conte ieri durante un’intervista al canale spagnolo Nius. L’obiettivo di Conte, che ha visitato due giorni fa Portogallo e Spagna con l’intento di rafforzare il fronte dei Paesi del Sud, è evitare qualsiasi compromesso al ribasso in vista del vertice imminente.

Cosa ci sarà sul tavolo

Intanto oggi è arrivata la proposta del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, di mantenere intatta l’entità del Recovery Fund, così come proposto dalla Commissione, a 750 miliardi di euro, e di confermare la proporzione tra trasferimenti a fondo perduto e prestiti, rispettivamente 500 e 250 miliardi. Ma non solo: Michel ha proposto «un bilancio europeo per il 2021-2027 di 1.074 miliardi. I rimborsi (un meccanismo di correzione per la contribuzione) verranno mantenuti per Germania, Austria, Danimarca, Olanda e Svezia». Insomma appare chiaro come la proposta all’1,07% sia un compromesso tra l’1,09% avanzato a febbraio e la richiesta dei Paesi frugali all’1,05%.

Le prime reazioni

Non sono tardate però ad arrivare le prime reazioni, come quella della premier finlandese Sanna Marin, che via Twitter ha osservato come sia «necessario fare molto lavoro sul Recovery Fund. Abbiamo bisogno di un ammontare complessivo più basso e di un migliore equilibrio tra sovvenzioni e prestiti». Insomma punto e a capo, verrebbe da dire. E il ruolo degli altri Paesi del Nord Europa non è affatto da sottovalutare, proprio alla luce anche di quanto accaduto ieri.

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