Oggi il nuovo Dpcm, spiraglio per palestre e piscine: «Non ci sono focolai su allenamenti singoli». Verso nuovi orari a scuola, tavolini ridotti al bar

di Giovanni Ruggiero

Secondo il ministero della Salute nulla è ancora deciso per palestre e piscine, considerando che dagli allenamenti in luoghi controllati non sono mai nati focolai. Stretta del governo sulle attività non essenziali, a partire dalla movida

Passerà da un nuovo vertice questa mattina alle 10 tra governo e Regioni la strada del nuovo Dpcm per l’emergenza Coronavirus che il premier Giuseppe Conte dovrebbe illustrare questa sera. Oltre ai presidenti delle Regioni e dei Comuni, la riunione vedrà la partecipazione anche dei ministri della Salute, Roberto Speranza, della Scuola, Lucia Azzolina, dell’Università, Gaetano Manfredi, dei Trasporti, Paola De Micheli, il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli e il commissario all’emergenza Domenico Arcuri.


La lista conferma i nodi ancora da sciogliere, a partire dalla definizione degli orari e della didattica a distanza per le scuole superiori e sul sistema dei trasporti pubblici, passano per l’organizzazione dei centri Covid tra le varie Regioni. Restano in bilico ancora le attività delle associazioni sportive dilettantistiche, dalle scuole calcio alle palestre. I vertici in corso oggi, nel pomeriggio si riunisce il Cts, stabiliranno nuove misure in base a quali attività sono essenziali e quali non essenziali, quindi sacrificabili per il prossimo periodo.


Verso lo stop degli sport di contatto

Resta ancora viva la speranza per palestre e piscine di restare aperte, dopo che fonti del ministero della Salute hanno chiarito che per il momento: «Nessuna decisione è stata presa in merito alla chiusura». Dal ministero riconoscono che il settore ha affrontato finora: «Ingenti spese per adeguare i propri spazi ai protocolli di sicurezza», aggiungendo quindi che: «nessuna evidenza scientifica denuncia focolai in relazione all’allenamento individuale nei luoghi controllati». Le partite di calcetto e basket a livello amatoriale erano già state fermate con l’ultimo Dpcm di pochi giorni fa. Ora a rischio sono anche le associazioni sportive che gestiscono allenamenti e campionati giovanili, che potrebbero quindi fermarsi con il nuovo decreto del presidente del Consiglio.

Coprifuoco

Se da un lato il premier Giuseppe Conte non avrebbe nessuna intenzione di imporre di nuovo limitazioni agli spostamenti, come già avvenuto lo scorso marzo, resta sostanzialmente certo che la movida rientrerà tra quelle attività sociali ritenute non essenziali. La chiusura anticipata di bar e ristoranti resta la via principale tra le misure di contenimento dei contagi, ma si tratta ancora sugli orari di chiusura che potranno andare dalle 22 alle 24. Già con il precedente Dpcm, non è consentito bere e mangiare in piedi davanti ai locali, permettendo solo la consegna a domicilio e l’asporto. Si fa strada la possibilità di imporre un limite di posti a sedere nei locali e limitare le tavolate a non oltre sei persone.

Scuola

La chiusura delle scuole, come avvenuto in Campania, è lo scenario da evitare secondo la linea già ribadita ieri da più parti dal governo e che trova d’accordo buona parte dei governatori, che vorrebbero però imporre la didattica a distanza a buona parte degli studenti. Gli esperti del Cts però non sono d’accordo, considerando più a rischio contagi che i ragazzi restino in casa e possano più facilmente andare in giro, anziché seguire la routine casa-scuola con percorsi più controllati. L’ipotesi più accreditata è che il nuovo Dpcm preveda una riorganizzazione degli orari, con ingressi e uscite scaglionate, e l’uso della didattica a distanza solo per gli universitari, escluse le matricole, e gli ultimi due o tre anni delle superiori.

Mezzi pubblici e smart working

È sotto gli occhi di tutti l’affollamento che si crea sui mezzi pubblici nelle ore di punta, dove si incrociano negli stessi orari sia i lavoratori che non usufruiscono dello smart working che gli studenti. Una riduzione della quota di capienza massima per il trasporto locale, oggi all’80%, è per il momento esclusa, considerata anche di difficile applicazione in tempi rapidi senza un potenziamento concreto di autobus e treni regionali. L’ipotesi è quella di imporre lo smart working a partire dagli uffici pubblici per il 70%, oltre a un ulteriore scaglionamento degli ingressi al lavoro.

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