Le conseguenze economiche e politiche del secondo lockdown. Dalla solidarietà nazionale alla nuova mutazione del populismo

di Federico Bosco

La mancanza di determinazione rischia di protrarre l’emergenza fino a dicembre con maggiori danni all’economia. Esattamente il contrario rispetto all’effetto sperato

L’epidemia da Coronavirus in Italia è in rapido peggioramento. Secondo le ricostruzioni giornalistiche, il premier Giuseppe Conte vorrebbe evitare un altro Dpcm prima di aver verificato l’effetto delle misure introdotte negli ultimi due. Con l’incalzare dei numeri tutti sanno che ci sarà un’altra stretta, ma come e quando? La decisione è ferma nelle palude dello scontro Stato-Regioni e nella conflittualità della politica, e così si perde tempo, cercando di immaginare un lockdown parziale, con effetti tutti da verificare. Restrizioni meno stringenti e tardive daranno risultati meno veloci, la mancanza di determinazione oggi rischia di protrarre l’emergenza fino a dicembre inoltrato, con maggiori danni all’economia e un ulteriore aumento della disuguaglianza. Esattamente il contrario rispetto all’effetto sperato.


La crisi strutturale di un sistema

La pandemia mette alla prova le democrazie europee, sotto tutti i punti di vista. Lo shock del primo lockdown è stato superato con risultati confortanti, ma doverne affrontare un altro dopo così poco tempo – anche se forse più leggero – mette violentemente alla prova i sistemi sociali e politici, oltre che quelli economici e sanitari. Il nuovo lockdown parziale ha acceso l’attenzione sul destino di teatri, ristoranti, bar, pub, cinema, palestre.


Tanti riapriranno, altri non reggeranno il secondo colpo e chiuderanno per sempre ma il desiderio di frequentare quei posti rimarrà intatto anche dopo i lockdown. Non si può dire lo stesso di altri settori. Per esempio il settore immobiliare, stravolto in tutte le sue varianti. Basta guardare cosa è successo agli appartamenti affittati (a prezzi spesso esorbitanti) agli studenti fuori sede, o pensare a cosa succederà ai locali per uffici con il consolidamento dello smart-working.

Oppure tutte le attività legate a fiere, eventi, meeting, convegni, trasferte di lavoro. E quindi alberghi, trasporti aerei e ferroviari, taxi e così via. Anche in questo settore non si tornerà alla fase pre-covid, le persone e le imprese si sono abituate a fare le stesse cose senza dover consumare tempo e denaro in questo modo. Aziende e individui stanno investendo nelle tecnologie di nuova generazione, imparando a misurare la produttività e organizzare il lavoro in modo diverso.

Le restrizioni stanno accelerando una transizione che stava avvenendo lentamente, trasformandola in uno shock strutturale che non ha niente a che vedere con la pandemia, quanto piuttosto con un passaggio accelerato verso l’era digitale, e questo è solo l’inizio. Tutto ciò è distruttivo, e lo sarà ancora di più, cambiamenti così veloci stravolgeranno la vita di moltissime persone. Per tanti è un’opportunità ma per coloro che hanno un’attività sbagliata, o contratti di lavoro con accordi precari, potrebbe essere fatale. Molte persone non riavranno lo stesso lavoro di prima, tante altre lo perderanno.

Il seme del nuovo populismo

Se il primo lockdown ha tolto argomenti e consenso ai populisti e rafforzato il governo, il secondo sta generando sfiducia, rabbia e odio. L’indecisione di Conte è un segnale evidente di questo calo dei consensi. Nel frattempo sono state gettate le basi per una nuova mutazione del populismo. In parte si può osservare con il fenomeno del negazionismo, che già inizia a entrare in sintonia con la protesta delle categorie sottoposte alle nuove misure. Le piazze si popolano di estremisti di destra e sinistra che hanno ben poco a che vedere con le categorie coinvolte, in un tentativo di riempire un vuoto e cavalcare il vento della rivolta.

Non bisogna pensare che ciò non accadrà perché il fenomeno è marginale e grottesco, basta ricordarsi cosa è successo con la crisi dell’Eurozona: le conseguenze sulla politica sono arrivate anni dopo. Iniziata verso la fine del 2009 e proseguita 4-5 anni, in Italia portò al successo del M5s alle elezioni del 2013 e all’impostazione no-euro della Lega di Matteo Salvini nel 2014, fino al successo elettorale di entrambi nel 2018 fino al governo giallo-verde. Un lungo percorso politico iniziato con il movimentismo via web consolidatosi durante le manovre “lacrime e sangue” del governo Monti e cresciuto nutrendosi di ogni elemento di crisi trovato lungo il cammino (in primis l’immigrazione).

Forse stavolta a giovarne saranno i partiti populisti in carica, forse ne nasceranno dei nuovi, di sicuro però c’è chi ha già capito che la paura, il malessere e il conflitto sociale causati dai lockdown possono essere sfruttati per costruire consenso politico, e non vuole perdere questa occasione.

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