Aspettando Vannacci. Nel circolo della destra romana che sogna il parà più discusso d’Italia

Al Cis di Via Etruria si parla de “Il mondo al contrario” senza l’autore. Tra nostalgici Msi, militari e ricordi di una Giorgia prima dell’approdo a Palazzo Chigi

«Mi scusi, posso passare davanti, sa vengo da Benevento». Non è ben chiaro se il signore si aspettasse di trovarsi davanti il generale Roberto Vannacci. Si è però messo a pochi passi al banchetto dove è posato il famigerato libro Il mondo al contrario diventato oramai un best seller in Italia e quasi blocca la visuale alla videocamera piazzata dagli organizzatori, in attesa di un grande pubblico che non ci sarà. A un certo punto, a dibattito appena iniziato, gli suona il cellulare. Dall’altra parte del telefono una donna, si parla di bomboniere. Siamo a Roma, via Etruria 79. Non un indirizzo qualunque ma il CIS (Centro Iniziative Sociali) Alberto Giaquinto. Una sede che sembra un museo di cimeli del Movimento sociale italiano, del resto qui, nel 1947 fu aperta la prima sede da Giorgio Almirante in persona. Giaquinto è il giovane ucciso il 10 gennaio 1979, a Centocelle, dopo il primo anniversario di Acca Larenzia. A sparargli un colpo fatale alla nuca non fu un militante di sinistra, bensì un poliziotto in borghese: Alessio Speranza, sceso da un’auto civetta. Stavolta però non ci sono i poliziotti cattivi che Giorgio Almirante citava nel suo discorso alla Camera sul caso Giaquinto. Stavolta si è tutti uniti per un generale «coraggioso». Il generale Vannacci, che però non c’è. Si parla del libro sì, ma senza il peccatore. Nonostante la sua presenza non fosse comunque prevista la saletta dove si dovrebbe dibattere sulla sua opera “Il mondo al contrario” si riempie. A pochi chilometri da qui la presidente Giorgia Meloni ha appena tenuto l’assemblea nazionale di Fratelli d’Italia.


Da sx Adalberto Baldoni, Domenico Gramazio e l’ammiraglio Nicola De Felice

Il nemico comune: il pensiero unico

Così, davanti allo storico numero del Secolo d’Italia che titola “Mussolini riposa a Predappio”, si accalcano vecchie figure dell’estrema destra romana, tutte accomunate da un nemico comune. Anzi due: la sciatica e il pensiero unico. Suona per ben due volte un cellulare con “La marcia imperiale” di Star Wars. Le sedie cercano di incastrarsi sul pavimento per ospitare una platea decisamente over 60. Poi entrano loro. Domenico Gramazio, mattatore della serata, ex parlamentare eletto in An e nel Pdl, cuore missino. Accanto a lui lo storico della destra Adalberto Baldoni e poi un militare, l’ammiraglio Nicola De Felice, tecnico della Marina Militare, teorico dei respingimenti dei migranti. Colui che ispirò il blocco navale poi inserito nel programma di Meloni. Fuori c’è un maxischermo, con la cassa, che trasmette la diretta dall’interno. Non lo seguirà nessuno, salvo una signora che, mentre iniziano le domande dal pubblico, si fermerà a osservare la diretta, davanti a una sigaretta. 


Uno dei momenti del dibattito

Nessun strappo col nuovo corso di Giorgia Meloni

Inizia Gramazio: «La destra politica italiana ha una nostra storia, ha numerosi esponenti militari che hanno avuto incarichi parlamentari e responsabilità. Il libro del generale Vannacci dice cose ovvie, che abbiamo sempre sostenuto. Non vogliamo però creare una contrapposizione tra il generale e i militari o tra lui e il ministro Crosetto. Stiamo parlando di un alto ufficiale, più volte decorato, impegnato in missioni in diverse parti del mondo. Era un diritto e un dovere perciò fare questo incontro». Poi introduce Baldoni, storico della destra. Non prima però di ricordare il suo ultimo libro, scritto con Federico Gennaccari, “La traversata della destra”, una sorta di percorso di Giorgia Meloni dagli esordi della militanza fino a Palazzo Chigi. «Lo trovate qui all’ingresso, invece di 20 euro al prezzo di 15 euro», lancia Gramazio, come le hostess Ryanair. Autopromozione di libro in presentazione di libro. Un inception di libri. 

Il numero de Il Secolo d’Italia che annuncia la sepoltura di Mussolini a Predappio

Baldoni inizia subito con il botto. «Non si rassegnano, hanno perso le elezioni, è un bombardamento continuo contro Giorgia Meloni». Poi passa a criticare il c*****ne detto da Pierluigi Bersani a Vannacci. E infine parla di Lilli Gruber intervistata da Aldo Cazzullo. «Il pericolo è che questi rigurgiti vengano legittimati da alcuni esponenti della maggioranza», cita Baldoni. Alza la voce, si altera: «Il fascismo è un fenomeno storico, punto. Non se lo mettono in testa. Va giudicato dal punto di vista storico. Il fascismo è finito con l’ultimo conflitto mondiale». Adalberto Baldoni dice che il fascismo è finito. Sarà, ma intanto il dibattito sul libro non è nemmeno iniziato. Se Vannacci è assente nell’ incontro sembra assente anche ogni riferimento alla sua opera. Finora nessuno cita la sua frase sulla campionessa Egonu, nemmeno il test del metrò parigino, dove il giovane generale provava a sentire con il tatto la “pelle nera” dei passanti, scoprendola diversa. Qui in via Etruria, sembra più una seduta di psicanalisi a ritroso. Un ritrovo nostalgico della fiamma tricolore senza però scadere nei rigurgiti che tanto si aspettano gli acerrimi nemici. Anche il governo Meloni qui assume quasi una forma nostalgica. Le foto e le pagine dedicate alla premier la raffigurano solo quando lottava dai vertici di FdI, quando parlava di blocchi navali, quando gridava dagli scranni di Montecitorio, ancora prima del salto a Palazzo Chigi. «Il governo si è comportato così con il generale perché non poteva fare altrimenti», commentano in platea. Qualcuno si avvicina alla sala, qualcun altro sgattaiola fuori. «Se vuoi ti giro il libro di Vannacci in pdf, via whatsapp», mi assicura uno del pubblico con almeno tre cognomi, piazzato vicino alla porta. Dubita che il militare scenderà in politica. Ha detto «cose coraggiose sì» ma verrà inglobato da personaggi come Matteo Salvini. Tirato per la giacchetta, come lo è già oggi, stracommentato, sovraesposto di circolo in circolo, di tv in tv. Una cena senza festeggiato quella di Piazza Tuscolo, che rispecchia perfettamente quello che il generale sta già  facendo in questi giorni. Tutti ne parlano, tutti lo vogliono ma lui cede solo nella sua Toscana. Il 19 è atteso a Grosseto. Stavolta l’invito c’è, appuntamento nella sala del consiglio comunale. Lo ha invitato Gino Tornusciuolo, consigliere leghista, ex Casapound. Dalla città amministrata da Antonfrancesco Vivarelli Colonna, ovverosia il sindaco che mostrò la foto di Elly Schlein accostata a quella di un cavallo, ci si aspetta l’ennesima boutade. Chissà che stavolta il generale ci caschi. 

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