Hamas rilascia due donne israeliane. Fonti di Gaza: «Pronto il rilascio di 50 ostaggi. In cambio le bombe di Israele si sono fermate»

Nel raggiungimento dell’accordo è stata fondamentale la mediazione di Qatar ed Egitto

Hamas ha rilasciato due ostaggi israeliani. Lo ha annunciato il portavoce del gruppo terroristico palestinese, Abu Obeida sul proprio canale Telegram, affermando che l’operazione è stata compiuta per «ragioni umanitarie» grazie alla mediazione di Egitto e Qatar. Fonti israeliane avrebbero confermato: si tratta di due donne. Il rilascio arriva dopo la notizia riportata inizialmente da I24 News secondo la quale Hamas sarebbe pronta a liberare un totale di 50 gli ostaggi «con doppia cittadinanza», anche in questo caso grazie alla mediazione del Qatar. La Croce Rossa ha raggiunto il luogo prestabilito per la consegna delle 50 persone. In serata, le autorità egiziane hanno annunciato l’arrivo dei due ostaggi a Rafah, e le tv locali hanno mandato in onda le immagini delle due donne liberate che vengono fatte salire in ambulanza per i controlli medici. Sempre secondo le fonti di I24 News, in cambio della collaborazione palestinese, Israele avrebbe evitato di bombardare Gaza per alcune ore, fondamentali affinché la Croce Rossa dello Stato ebraico potesse raggiungere l’insediamento. Informazioni simili sono state riferite all’Ansa da una fonte di sicurezza egiziana.


I raid nella notte

All’indomani dell’avvertimento dell’Iran, che ha minacciato lo scenario di una «crisi incontrollabile», Israele continua a mantenere altissima la pressione sulla Striscia di Gaza: nuovi raid aerei sono stati condotti durante la notte. Uno di questi in particolare avrebbe colpito l’affollato rione di Jabalya, causando la morte di almeno 18 persone e il ferimento di decine di altri; altri, secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, vicino a due ospedali di Gaza, quello di Al-Shifa e quello di Al-Quds. L’esercito israeliano, come già accaduto nel caso dell’ospedale anglicano colpito il 17 ottobre, ha respinto ogni accusa. «Hamas mette direttamente in pericolo gli abitanti di Gaza, gli israeliani e la comunità internazionale», ha affermato l’Idf condividendo le immagini di lanciarazzi palestinesi collocati vicino a scuole, ospedali e una sede Onu. In mattinata sono ripresi d’altronde i lanci di razzi da Gaza verso il sud e il centro del Paese, in particolare verso la città costiera di Ashkelon.


La nuova minaccia di Teheran

Intanto arrivano nuove minacce da Teheran. Il comandante in seconda della Guardia Rivoluzionaria iraniana Ali Fadavi, fa sapere il Jerusalem Post, ha minacciato di attaccare «senza esitazione» la città israeliana di Haifa, «se necessario». Le sue parole arrivano all’indomani delle dichiarazioni del governo iraniano, che ha avvertito Tel Aviv del rischio di arrivare a una situazione «incontrollabile» qualora il conflitto con Hamas proseguisse al ritmo attuale. A esprimersi sull’escalation in corso in Medio Oriente è anche il ministro della Difesa iraniano Mohammad-Reza Ashtiani, secondo cui le azioni di Israele nella Striscia di Gaza rappresentano «un suicidio politico». In una telefonata con l’omologo siriano Ali Mahmoud Abbas, Ashtiani ha aggiunto: «Queste azioni hanno ferito la coscienza dei musulmani mentre la comunità internazionale ha mostrato la sua reazione».

L’operazione di terra può attendere

Sotto forte pressioni dagli alleati e in particolare dagli Usa, Israele avrebbe però deciso di ritardare la tanto evocata offensiva di terra dentro la Striscia. Lo ha riferito la Radio militare israeliana, secondo quanto riporta l’Ansa, adducendo come principale ragione del rinvio «l’attesa dell’arrivo di altre forze Usa nella regione», anche a fronte delle gravi minacce reiterate ancora ieri dall’Iran che fanno temere un’escalation regionale. Tra le ragioni del rinvio, ha precisato la Radio militare, c’è anche il timore di conseguenze devastanti per i 350mila civili palestinesi che si trovano ancora nel nord della Striscia, oltre che considerazioni sulle possibilità di trarre in salvo i numerosi ostaggi prigionieri a Gaza. Sul fronte umanitario, in mattinata un nuovo convoglio di aiuti è entrato nella Striscia dal valico di Rafah al confine con l’Egitto. Quanto ai rapiti, il conto delle autorità israeliane è salito ulteriormente: sono 222, valuta ora l’Idf sulla base delle informazioni raccolte dall’intelligence: «C’è voluto tempo perché tra gli ostaggi ci sono non pochi cittadini stranieri e la loro identificazione ha richiesto tempo aggiuntivo», ha detto il portavoce dell’esercito.

Scontri diretti tra soldati israeliani e miliziani di Hamas

Secondo quanto ricostruisce Reuters, tuttavia, forze israeliane avrebbero ingaggiato nelle scorse ore combattimenti, pur per il momento limitati, anche dentro la Striscia di Gaza. «Nella notte ci sono state incursioni con carri armati e forze di fanteria, volti a eliminare squadre di terroristi che si preparano alla prossima fase della guerra», oltre che a raccogliere informazioni sulla sorte dei 222 ostaggi, ha detto il portavoce militare Daniel Hagari. Anche le Brigate al-Qassam, braccio armato di Hamas, hanno confermato gli scontri, sostenendo di aver respinto una «infiltrazione» dell’Idf da est di Khan Younis, distruggendo equipaggiamento militare israeliano, in particolare «due bulldozer e un carro armato». Israele non ha commentato questa ricostruzione.

L’appello congiunto dei leader occidentali

Sostegno a Israele e al suo «diritto di difendersi dal terrorismo», ma anche «rispetto del diritto internazionale umanitario» e «protezione dei civili». È questo il messaggio ribadito dai presidenti di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia sulla situazione in Medio Oriente. Dopo un colloquio telefonico, i cinque leader hanno pubblicato una dichiarazione congiunta in cui chiedono il rilascio immediato di tutti gli ostaggi e si dicono «impegnati a uno stretto coordinamento per sostenere i cittadini presenti nella regione, in particolare quelli desiderosi di lasciare Gaza». La dichiarazione porta la firma di Joe Biden, Emmanuel Macron, Rishi Sunak, Olaf Scholz e Giorgia Meloni. I cinque leader hanno accolto con favore l’invio dei primi convogli umanitari e si sono impegnati a «continuare uno stretto coordinamento diplomatico, anche con i partner chiave della regione, per prevenire l’estendersi del conflitto, preservare la stabilità in Medio Oriente e lavorare verso una soluzione politica e una pace duratura».

Il rischio escalation e il bilancio degli ostaggi

In totale, ha fatto sapere il portavoce militare dell’Idf, sono oltre 320 gli obiettivi colpiti dall’esercito di Israele la notte scorse nella Striscia di Gaza. Tra questi ci sono anche alcuni tunnel, in cui – sostiene Tel Aviv – si nascondevano miliziani e decine di centri operativi di Hamas. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha convocato una riunione dei suoi generali e del gabinetto di guerra per valutare l’escalation del conflitto. E intanto, fa sapere Reuters, Israele ha ammassato carri armati e truppe vicino al confine recintato attorno a Gaza, che attendono solo il via libera dei vertici militari per iniziare l’invasione di terra sulla Striscia. I timori di una nuova escalation sono aumentati durante il fine settimana, con il Pentagono che ha inviato una quantità significativa di forze navali in Medio Oriente, comprese due portaerei, navi di supporto e circa 2mila Marines.

Due palestinesi uccisi in Cisgiordania

«Ciò che stiamo vedendo è la prospettiva di una significativa escalation di attacchi contro le nostre truppe e il nostro popolo in tutta la regione», ha detto ieri il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin. Anche fuori dalla Striscia le tensioni non mancano. In Cisgiordania questa mattina due palestinesi sono morti e quattro sono rimasti feriti durante gli scontri con l’esercito israeliano nel campo profughi di Jalazoun, a nord di Ramallah. Lo rende noto il ministero della Sanità dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), secondo cui i due morti – Mahmoud Saif Al -Tarish Nakhla e Muhammad Nidal Alyan – sarebbero stati uccisi «da proiettili». Secondo quanto raccontato alla Reuters da alcuni residenti, i militari israeliani avrebbero fatto irruzione nel campo ed effettuato numerosi arresti, scontrandosi con alcuni uomini che lanciavano pietre. L’Idf non ha rilasciato alcuna dichiarazione a riguardo.

La tensione con il Libano

Spostandosi a nord, più precisamente al confine tra Israele e Libano, la situazione resta tesa. L’esercito di Tel Aviv ha fatto sapere di aver colpito una cellula terroristica in territorio libanese e di aver distrutto una postazione per il lancio di razzi. Secondo il portavoce dell’Idf, la cellula stava programmando un attacco sulla cittadina israeliana di Shlomi. Nella notte, le Forze di difesa israeliane hanno annunciato di aver colpito anche una struttura di Hezbollah in Libano.

Il pressing degli Usa per guadagnare tempo

Parallelamente alla guerra sul campo, proseguono anche gli sforzi diplomatici internazionali. Secondo quanto riporta il New York Times, la Casa Bianca avrebbe consigliato al governo israeliano «di ritardare un’invasione di terra di Gaza» così da guadagnare tempo per i negoziati sul rilascio degli ostaggi. Un altro obiettivo di Washington, aggiunge il giornale americano, resta quello di far arrivare più aiuti umanitari ai palestinesi per evitare un bagno di sangue tra i civili. Gli Stati Uniti, insomma, continuano a sostenere l’ingresso dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, ma ciò che è accaduto dopo il rilascio delle due donne statunitensi – precisa il New York Times – «ha indotto l’amministrazione Biden a far pressing sugli israeliani perché concedano il tempo di negoziare il rilascio degli altri 212 ostaggi». Nel frattempo, Israele assicura che non ci sarà «nessun cessate il fuoco» a Gaza per permettere la liberazione degil ostaggi. A dirlo è Jonathan Conricus, portavoce dell’esercito israeliano. Intervistato dalla Cnn, il funzionario ha affermato di non essere a conoscenza delle richieste di Washington per un rinvio dell’operazione di terra sulla Striscia.

Credits foto: EPA/Hannibal Hanschke | Soldati israeliani si preparano all’invasione di terra vicino al confine con Gaza (23 ottobre 2023)

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