«Mai una lacrima con lui, anche quando morivo dentro»: Arianna Mihajlović ricorda il marito Siniša. «Ecco cosa mi ha detto prima di andarsene»


«Dopo la morte di Sinisa ho finto di stare bene, ma era solo un modo per sopravvivere». Arianna Mihajlovic rompe il silenzio e per la prima volta racconta pubblicamente il dolore per la perdita del marito, Sinisa Mihajlovic, ex calciatore e allenatore scomparso nel 2022 a soli 53 anni, a causa di una leucemia mieloide acuta. Lo fa ospite di Monica Setta, nella puntata di Storie al bivio show, in onda martedì 24 giugno alle 21.30 su Rai 2. Un racconto toccante: «Il primo anno è stato durissimo – confessa Arianna –. Pubblicavo di continuo sui social per sentirmi viva, per cercare conferme, per affrontare il dolore. Solo adesso ho capito che lui vorrebbe vedermi andare avanti».
L’incontro con Sinisa
L’incontro con Sinisa fu un vero colpo di fulmine: «Ci conoscemmo in un ristorante romano, al Gianicolo. Non ci siamo più lasciati. Mi chiese di andare a vivere con lui, ma io gli risposi: “Solo da sposata”. Un anno dopo eravamo marito e moglie». Insieme hanno costruito una famiglia numerosa, che oggi continua a essere il suo rifugio e la sua forza: «Ora sono anche nonna di due nipoti. L’affetto dei figli mi aiuta a non soccombere alla sofferenza», confessa Arianna.
La malattia del marito
Arianna ripercorre anche i momenti più duri della malattia che ha colpito il marito: la diagnosi di leucemia nel 2019, durante una vacanza in Sardegna. «Fu un dolore improvviso, lancinante. Gli esami ci restituirono una diagnosi terribile. Ma stringemmo un patto: affrontare tutto insieme. E per un po’, ci siamo davvero illusi di avercela fatta». Il colpo più duro arrivò con la recidiva. «Sinisa mi chiedeva: “Ce la farò?”. Io gli rispondevo sempre di sì. Mai una lacrima davanti a lui, anche quando morivo dentro. Sapevo che osservava le mie reazioni per capire quanto fosse grave».
Il legame con i figli
Fino all’ultimo istante, il legame tra loro è stato fortissimo, saldo, intimo. «Durante il viaggio da Bologna a Roma, lui era silenzioso. A un certo punto disse solo: “Mi dispiace non vedere crescere i miei figli”. In ospedale, poco prima di andarsene, mi disse: “Ricordati che ti amo. Ora ci sarai tu come guida per i nostri figli”. Mi lasciò la mano dolcemente, ed è andato via così. Sereno, perché aveva affidato a me il suo amore e la nostra famiglia».