Coronavirus, soffre la Lombardia. Milano pronta a ripartire: cosa succede nel capoluogo?

Con 18 contagi, la città Milano rimane tra le zone della Lombardia meno colpite dall’emergenza

«Non abbiamo paura, Milano non si ferma». E così il capoluogo lombardo, sulla scia delle parole del suo sindaco, Giuseppe Sala, prova a ripartire. Una settimana dopo la chiusura di cinema, musei e pub la città metropolitana prova a tornare alla normalità e combattere la paura da Coronavirus e le restrizioni imposte a tutta la Regione.


Una Regione che si è rivelata da subito il maggior focolaio italiano con 1254 casi, secondo l’ultimo bollettino diffuso dall’assessore al Welfare, di cui 478 ricoverati e 127 in terapia intensiva.


«Per la città di Milano facciamo gli scongiuri ma occorre stare estremamente attenti, identificare subito i focolai e circoscriverli», dichiara Massimo Galli, primario dell’ospedale Sacco, in un’intervista al Corriere della Sera parlando dei 46 casi registrati a Milano e provincia, 18 quelli in città. Numeri molto più bassi rispetto all’emergenza regionale ma che hanno portato a misure restrittive significative per una città sempre in movimento.

Dopo aver eliminato le misure sull’orario di chiusura, il Comune di Milano ha deciso di riaprire bar e ristoranti purché il servizio avvenga direttamente al tavolo, evitando cosi assembramenti ai banconi.

«Milano a luci spente non piace nessuno, che sia una città riaperta al più presto», ha detto il primo cittadino Beppe Sala sottolineando però come «Queste regole non si discutono, si applicano: sono e saranno governo e Regione Lombardia a stabilire giorno per giorno, ora per ora, quali misure vanno adottate».

Il Comune di Milano ha deciso quindi, seguendo il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri, di sospendere la chiusura di molti dei suoi luoghi culturali. Via dunque alla riapertura di biblioteche, sedi espositive e musei civici. Torneranno a disposizione del pubblico la mostra Guggenheim. La collezione Thannhauser da Van Gogh a Picasso che, chiusa durante tutta la scorsa settimana, sarà prorogata fino a domenica 8 marzo. Chi deciderà di visitare le mostre e i musei dovrà tenere una distanza di sicurezza di almeno un metro, sia davanti alla biglietteria che durante il percorso di visita, e nel bookshop, l’accesso alle sale sarà contingentato in base alla capienza.

Ma l’attenzione resta alta in una città che conta più di 3 milioni di abitanti, seppur lontana dai focolai di Lodi e Codogno. L’apertura di musei, chiese e altri luoghi di culto sarà quindi «condizionata» all’adozione di misure che evitino assembramenti di persone. Inoltre, in questi stessi luoghi, bisognerà garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare il cosiddetto “droplet”, ovvero la distanza di almeno un metro tra le persone.

Riapre, pur tra numerose cautele, anche il Duomo di Milano, simbolo di una città che non intende fermarsi. Le porte secondarie sono state aperte alle 8 «per una breve preghiera» mentre ai fedeli che vorranno visitare la cattedrale, i quali entreranno in numero contingentato per evitare assembramenti, in base al decreto della Presidenza del Consiglio, l’accesso sarà consentito dalle 9. La navata centrale è transennata all’ingresso principale ma – è stato spiegato – in quanto non ci sono messe, ed è comunque visitabile entrando dalle porte laterali.

«Vogliamo che ci sia la ripartenza, ma non possiamo dimenticare la situazione sanitaria da cui dobbiamo uscire», ha precisato il governatore della Regione Attilio Fontana sulle nuove misure che vedono una Milano pronta a rimettersi in moto, ma pur sempre cauta nella gestione dell’emergenza.

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