Medico cacciato di casa a Bologna per paura del coronavirus: «Se finiamo per strada, come affrontiamo questa emergenza?»

E quando va alla ricerca di nuove case, i ragazzi gli rispondono sempre «che prima devono parlare con gli altri inquilini». Un modo gentile per dire non ti vogliamo, abbiamo paura. Aiutiamolo a cercare una stanza a Bologna

AGGIORNAMENTO: Il giovane medico ha trovato un appartamento


«Se chi lavora negli ospedali deve rimanere per strada a causa della fobia (legittima) dell’infezione da Coronavirus, vogliamo affrontare l’emergenza con ospedali pieni di gente che non sa dove andare ad abitare?», questo lo sfogo di Andrea – nome di fantasia, per rispettare la sua richiesta di anonimato – che da giorni è alla ricerca di un nuovo alloggio a Bologna dopo che i suoi coinquilini «gli hanno chiesto di cambiare casa». Il motivo? È un medico in formazione specialistica in un ospedale di Bologna dove, proprio negli ultimi giorni, sono finiti in isolamento precauzionale diversi professionisti tra medici e infermieri.


La paura di convivere con un medico

Tutto è cominciato quando i suoi coinquilini, preoccupatissimi, hanno iniziato a tempestarlo di domande. «Mi chiedevano del virus, informazioni sui rischi di contagio e sulla popolazione a rischio – racconta Andrea a Open -. Ogni giorno, in maniera sempre più pressante, mi chiedevano quali provvedimenti stavamo attuando in ospedale e quali fossero i rischi di essere portatori. Tutto più che legittimo. Giovedì scorso, però, esplode una discussione per una banalità, così andiamo diretti al punto e gli tiro fuori che il problema reale era la mia presenza in casa. Sono due bravissime persone, bisogna dirlo, che però hanno a che fare con genitori o altri parenti fragili e temono, quindi, di diventare vettori».

«Difficile fare la quarantena con un bagno in comune»

Andrea da quel momento si mette alla ricerca di una stanza: ma non è facile, anzi sembra essere impossibile. In un momento così delicato, in molti hanno paura ad ospitare in casa un medico, che potrebbe avere più probabilità di «entrare in contatto con il Covid-19». Nelle case in condivisione, che sono migliaia soprattutto in città (come appunto Bologna e Milano) in cui il caro affitti è diventato una piaga «è difficile persino la quarantena con un bagno in comune». «Purtroppo in questa situazione il singolo cittadino ha poca libertà decisionale», spiega. Andrea sta bene, non ha sintomi, «utilizza la bici per spostarsi» ed evita i luoghi affollati.

La ricerca impossibile di una nuova stanza

Da giorni, quando non è in servizio in ospedale, Andrea prova a cercare una stanza o un monolocale che non sia troppo costoso, fino alla fine di luglio. Ma finora nulla. «Mi dicono sempre che devono parlare con gli altri inquilini», dice. Un modo gentile per non dire subito di no, non ti vogliamo, abbiamo paura.

L’unica soluzione: dormire in albergo

Al momento l’unica soluzione che ha trovato è «una stanza d’albergo con bagno interno» al prezzo di 500 euro al mese. Come è possibile? «Le strutture ricettive non hanno prenotazioni». L’impatto del coronavirus sugli alberghi è stato devastante: in molti sono stati costretti a chiudere, inondati di disdette di prenotazioni. Stessa sorte per gli ostelli, come documentato da Open, che a Milano sono – per usare un eufemismo – semivuoti: «Non è pensabile far dormire una persona a 80 centimetri dall’altra», spiega il proprietario di Ostello Bello, visto che la distanza richiesta tra una persona e l’altra deve essere di almeno un metro.

Andrea, dunque, cerca una stanza singola o un monolocale, a prezzi accessibili, a Bologna. Non chiede altro, solo un tetto sotto cui ripararsi. Se avete a disposizione un appartamento e volete aiutarlo, scriveteci (fabio.giuffrida@open.online). Sarà nostra premura inoltrare le vostre e-mail al giovane medico.

Foto in copertina di Alessandro Di Marco per Ansa

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