Coronavirus, rivolta a San Vittore: «Non abbandonateci, non abbiamo ammazzato nessuno», l’appello della moglie di un detenuto – Il video

«Abbiamo fatto sbagli per dare da mangiare ai nostri figli e andare avanti», le parole di una moglie fuori dal carcere milanese nel giorno della rivolta

Da nord a sud, la rivolta delle carceri ha toccato tutta l’Italia. Modena, Pavia, Foggia e ora anche Milano. Dalle ore 10 del 9 marzo il carcere di San Vittore è in protesta contro la sospensione delle visite ai familiari imposta dalle nuove misure per arginare la diffusione del Coronavirus.


Fuoco, urla e grida. Alcuni detenuti sono saliti sul tetto della casa circondariale per chiedere che le visite vengano ripristinate. Una richiesta che è arrivata anche dalle decine di famiglie arrivate fuori dal carcere per far sentire la loro voce sul problema del sovraffollamento e della mancanza di misure di sicurezza adeguate a combattere l’epidemia.


In tutta Italia ci sono attualmente oltre diecimila detenuti in più rispetto ai posti disponibili. Secondo i dati del ministero della Giustizia aggiornati al 29 febbraio scorso, i detenuti sono 61.230 a fronte di una capienza di 50.931 posti, con un tasso di sovraffollamento del 120%.

«Ci hanno sospeso le visite senza avvisare. Sono arrivata al carcere due giorni fa e dopo due colloqui hanno deciso di sospenderli tutti. Con tre chiamate a settimana come possiamo fare, come fanno le mie figlie a vedere il padre», dice la moglie di un detenuto in carcere per spaccio la quale chiede una pena alternativa.

«Fate qualcosa, non sono persone che hanno violentato bambini. Quelli possono rimanere a vita in galera. Rubano per dar da mangiare alla famiglia perché questo Stato ci ha abbandonati. Io sono con una bimba sola a casa. Ai miei figli chi dà da mangiare, lo Stato non fa nulla – dice arrabbiata la donna -. L’unica strada per far subito soldi era lo spaccio».

Madre di due figli, lavorava in un’impresa di pulizie. «Mi faccio aiutare dalla donna quando dobbiamo mangiare. Quando avevo condomini da pulire, i soldi che guadagnavo li spendevo per la baby sitter». E ora, disperata, chiede che il marito possa tornare a casa. Un marito che non vede da un mese.

«Conte, cercate di liberare le persone che hanno la pena per spaccio, per rapina. Tenetele a casa, mandatele a casa con un lavoro – dice la donna lanciando un appello al presidente del Consiglio -. Non abbandonateci come se fossimo tutti dei criminali, non abbiamo ammazzato nessuno. Abbiamo fatto sbagli per dare da mangiare ai nostri figli e andare avanti. La prego faccia qualcosa».

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